Ricostruzione carrirera. Corte di Giustizia UE dovrà dare parere su valutazione supplenze. Importante per stipendio quando si viene assunti in ruolo

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Anief – “Accertare se ricorra una ragione oggettiva idonea a giustificare un diverso trattamento tra lavoratore a tempo indeterminato e lavoratore a tempo determinato”:

è la richiesta-chiave formulata dal Tribunale di Trento nel rinviare la normativa italiana alla Corte di Giustizia europea, poiché il nostro Stato continua a effettuare un conteggio parziale delle supplenze svolte (che nello Stato, in particolare nella Scuola, possono durare decenni) nelle ricostruzioni di carriera che vanno a determinare lo stipendio a regime del dipendente assunto in ruolo.

Il conteggio sfavorevole degli anni preruolo, la cui riduzione quest’anno è stata confermata anche nella mobilità del personale, per il quale un solo punto a volte può essere fatale al fine di ottenere o meno un trasferimento, convince sempre meno i giudici. I quali hanno rilevato la palese incongruenza, in primis, rispetto alle indicazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea, in particolare rispetto “all’interpretazione della clausola 4 punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’“accordo quadro”) e figurante quale allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999”. Ora, se i rilievi fossero accolti anche dalla curia europea, sarebbero inevitabili riflessi diretti sia sul contratto collettivo nazionale, sottoscritto dai sindacati rappresentativi, sia sul Testo Unico della Scuola, il decreto legislativo n. 297/94.

Il Tribunale di Trento, preso atto che “identiche sono le mansioni individuali e collegiali richieste ai docenti precari e di ruolo”, rilevando che chi nella normativa italiana persistono elementi che alimentano il “prodursi di discriminazioni alla rovescia in danno dei dipendenti di ruolo assunti a seguito del superamento di un concorso pubblico”, ha deciso di sospendere il giudizio sul ricorso in merito e chiedere, attraverso apposita ordinanza, un parere sulla normativa italiana in materia direttamente alla “Cancelleria della Corte di giustizia – Rue du Fort Niedergrünewald, L-2925 Lussemburgo”.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “sono sempre più evidenti i dubbi dei nostri tribunali sul trattamento dei precari, perché in aperto contrasto con la normativa comunitaria. Non solo si continuano a reiterare contratti a tempo determinato su posti vacanti, negando al personale con contratto a termine il diritto alle progressioni stipendiali: si vuole perpetrare la discriminazione, anche quando questo personale, docente e Ata, viene immesso in ruolo. Noi non ci stiamo e per questo motivo continuiamo a promuovere specifici ricorsi per la tutela dei lavoratori precari”.

Anief ricorda, a questo proposito, che negli ultimi mesi sono aumentate in modo esponenziale il numero di sentenze favorevoli ai docenti e Ata ricorrenti. Una delle più recenti è stata emessa dalla Corte d’Appello di Bari che non ha avuto dubbi sulla solidità delle tesi patrocinate dai legali del giovane sindacato e constatato come il riconoscimento del diritto alle progressioni stipendiali attribuito solo al personale di ruolo configuri un’evidente discriminazione cui il Giudice nazionale deve porre rimedio interpretando le norme regolamentari e pattizie interne conformemente ai dettami eurounitari.

Anche sulla scorta delle diverse recenti vittorie nelle Corti di Appello, Anief mette a disposizione il modello di diffida da inviare all’USR che gestisce il lavoratore a tempo indeterminato, al fine di ottenere il computo completo degli anni di precariato.

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