Il Governo sta lavorando per prevedere un
assegno pensionistico minimo di 650-680 euro, in modo da aumentare la cumulabilità tra la pensione sociale e contributiva.
Secondo il sindacato della scuola,
Anief, il problema è che "
le pensioni medie non supereranno di molto quella cifra". È "esemplare l’assegno" di quiescenza destinato agli ultimi docenti neo-immessi in ruolo. Per l’Ufficio Studi del giovane sindacato, "
gli assunti dal 2015 in poi, con l’entrata a regime della
riforma Monti-Fornero e della
Buona Scuola,
sono destinati a percepire un assegno mensile decurtato tra il 38% ed il 45% rispetto a chi ha lasciato il servizio sino a quell’anno".
Di fatto, "un docente che due anni fa percepiva una pensione di 1.500 euro, verosimilmente non solo lascerà il servizio a a 70 anni suonati con 46 anni e mezzo di contributi versati, ma andrà a percepire una pensione collocata nella fascia 825 euro - 930 euro".
"Anche se il provvedimento, per ora soltanto annunciato, sembra essere destinato ai lavoratori inseriti nel pieno sistema contributivo e con contratti saltuari – dice
Marcello Pacifico, presidente Anief - per la prima volta i giovani assunti dopo il 1996 hanno ricevuto dallo Stato un
chiaro messaggio: dovranno
lavorare per quasi tutta la vita, con la semi-certezza di andare in quiescenza con il 50% dell’ultimo stipendio. Secondo noi, quello che
serve è un nuovo patto sociale e scorporare, nel contempo,
tutto quello che riguarda il welfare e gli ammortizzatori sociali del bilancio INPS, a cui lo Stato deve più di 20 miliardi di contributi figurativi. Al punto da generare un buco di bilancio che potrebbe mettere a rischio la stessa erogazione di pensioni e liquidazioni. Anche questo incide sulle loro pensioni irrisorie che sono sempre più in misura maggiore destinati a percepire. È questa
la ricetta per salvare le nuove generazioni e garantire il turn over: le altre, sono solo palliativi a spese dei lavoratori".