sabato 9 settembre 2017
Rimaste vuote 22mila cattedre, soprattutto al Centro Nord. E c'è poi aperta la questione degli stipendi dei presidi. In tutto gli studenti sono 7,8 milioni
Tanti supplenti e pochi docenti di sostegno per i disabili. Le novità
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La scuola italiana non è ancora completamente guarita: la “supplentite” resiste. Alla vigilia dell’avvio del nuovo anno, che per la maggioranza degli studenti partirà tra domani e venerdì, i presidi sono ancora alle prese con la nomina dei supplenti che – confermano dal Ministero dell’Istruzione – dovrebbero anche quest’anno attestarsi intorno alle 100mila unità. «L’obiettivo è stare sotto questa soglia», dichiarano da viale Trastevere, dove la macchina amministrativa è a regime da tempo per «garantire un ordinato avvio dell’anno scolastico».

Il problema è che, delle 52mila assunzioni annunciate quest’estate, ne sono state effettivamente formalizzate circa 30mila, secondo le stime sindacali. E le 22mila cattedre rimaste vuote sono soprattutto al Centro Nord. Per alcune materie, come matematica, le graduatorie sono ormai esaurite, mentre per quanto riguarda il sostegno dei disabili (circa 225mila su un totale di 7,8 milioni di studenti) la situazione è di vera e propria emergenza.

Dal Miur fanno infatti sapere che sono almeno 10mila i posti non coperti e le ragioni sono sostanzialmente due: la carenza di insegnanti specialisti e il fatto che in tanti con la doppia abilitazione (per il sostegno e per il posto comune) preferiscono optare per il secondo. Per far fronte alla situazione, che riguarda da vicino il diritto allo studio di migliaia di alunni disabili, sono circa 9mila gli insegnanti in formazione che saranno prossimamente assegnati alle scuole.

Intanto, i dirigenti stanno setacciando le graduatorie alla ricerca di insegnanti per coprire gli ultimi “buchi”. Per l’emergenza sono state riaperte in piena estate le graduatorie di istituto di seconda e terza fascia, ancora in fase di aggiornamento. «Stiamo lavorando con le graduatorie provvisorie», conferma Ezio Delfino, presidente dell’associazione dei presidi Disal. «In questo modo – aggiunge – nominiamo docenti che, molto probabilmente, dovremo sostituire una volta che le graduatorie saranno definitive». Con tanti saluti alla continuità didattica.

Secondo il sindacato autonomo Anief, sono oltre 700mila i precari coinvolti. Appositamente per loro, a febbraio il Miur lancerà un bando di concorso, «per mettere forze fresche» nelle classi. «Rispetto al recente passato – sottolinea Delfino – quest’anno le cose vanno comunque meglio. Anche se l’anno zero delle cattedre coperte entro agosto deve ancora arrivare, possiamo dire che 8 nomine su 10 sono state portate a termine».

Le scuole, conferma Delfino, denunciano invece grossi problemi per la gestione amministrativa di tutta la partita legata ai vaccini. «Di colpo – ricorda il presidente di Disal – è stata scaricata sulle segreterie una notevole mole di lavoro, in un momento, tra l’altro, molto delicato, come l’avvio di un nuovo anno scolastico». Difficoltà confermate anche dall’Associazione nazionale presidi che «ritiene inaccettabile scaricare sulle segreterie scolastiche il peso delle pressanti richieste di informazioni da parte delle famiglie e l’onere del controllo della regolarità della situazione vaccinale di ogni studente da 0 a 16 anni. L’organico degli assistenti amministrativi – prosegue la nota dell’Anp – già nettamente insufficiente rispetto alla numerosità e alla delicatezza delle procedure di inizio anno e sistematicamente decimato da recenti interventi di programmazione finanziaria, non può essere ulteriormente gravato».

Le condizioni di lavoro dei dirigenti saranno al centro di un vertice al Ministero già convocato per giovedì 14 settembre, con all’ordine del giorno anche il tema della perequazione degli stipendi dei presidi rispetto a quelli degli altri dirigenti della pubblica amministrazione. Un confronto impietoso, che vede i presidi soccombere nettamente, con una busta paga media annua di 62.890 euro, rispetto ai 127.606 di un dirigente di seconda fascia degli Enti pubblici non economici. «A più riprese – si legge in una nota congiunta di Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua e Snals-Confsal – abbiamo denunciato la situazione di evidente penalizzazione retributiva a danno della dirigenza scolastica rispetto alla dirigenza pubblica, e ne rivendichiamo l’equiparazione all’interno del nuovo contratto».

Le novità di quest'anno

Diverse le novità dell’anno scolastico 2017-2018: dall’alternanza scuola-lavoro alle superiori in 4 anni, da una maggiore partecipazione delle famiglie al nuovo esame di Terza media.

Alternanza a regime
Tra le principali novità della Buona scuola, che le ha rese obbligatorie, ci sono 400 ore di alternanza scuola-lavoro nell’ultimo triennio degli istituti tecnici e professionali (200 nei licei). Quest’anno saranno coinvolti 1,5 milioni di studenti e, per favorire l’incontro tra scuole e aziende, enti, istituzioni disponibili ad attivare percorsi di alternanza, sarà aperta una piattaforma dedicata. I ragazzi e le scuole avranno anche la possibilità di segnalare eventuali problemi attraverso un “bottone rosso”.

Diplomati in quattro anni
Dopo la fase sperimentale a cui hanno aderito 12 scuole in tutta Italia, ora il Miur lancia un bando nazionale per 100 classi che, dal 2018-2019, partiranno con il percorso quadriennale verso il diploma. Vi si potrà accedere attraverso le iscrizioni del prossimo gennaio.

Conferenza nazionale
Novità assoluta, consentirà una maggiore partecipazione delle famiglie alla vita scolastica. Alla Conferenza parteciperanno le Associazioni dei genitori e degli studenti, le Consulte provinciali degli studenti, il Miur, ma anche il Ministero dei Beni culturali e del turismo, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, Regioni, Comuni.

Nuovo esame di Terza media
Novità importanti per i ragazzi che quest’anno frequenteranno la Terza media. L’esame sarà composto da tre scritti (italiano, matematica e lingua straniera) e da un colloquio orale per accertare le competenze trasversali, comprese quelle di cittadinanza. La prova Invalsi, invece, non farà più parte dell’esame di Stato, ma si svolgerà durante l’anno e non riguarderà solo italiano e matematica ma anche l’inglese; la partecipazione è requisito per l’ammissione all’esame, ma non influisce sul voto finale.

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