In occasione della Giornata mondiale degli Insegnati, istituita dall’Unesco nel 1994 la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha ricordato l’importanza del ruolo che rappresentano nella nostra società. «Gli insegnanti sono donne e uomini che fanno ogni giorno della conoscenza un dono. Trasmettono non solo saperi e competenze alle nuove generazioni, ma anche la voglia di conoscere, di imparare, di crescere - ha detto -. Affiancano i nostri bambini nelle loro prime esperienze di relazione con l’altro da sé. Accompagnano i nostri ragazzi nella strada che percorrono verso il loro futuro di cittadini consapevoli. E lo fanno con fiducia, con attenzione, con uno slancio nei confronti degli alunni che meritano, in questa Giornata a loro dedicata, il nostro più sentito ringraziamento».

Il corpo docente italiano, però, si contraddistingue per un record negativo: l’età. Proprio in queste ore, da Bruxelles giungono i dati Eurostat, aggiornati al 2015, che indicano i nostri insegnanti come i più vecchi d’Europa, con il 57,2% di ultracinquantenni, a fronte di una media europea del 36%. Ed è significativa la crescita dei docenti ultra 60enni, che hanno raggiunto il 18% contro la media Ue di appena il 9%.

È quanto lamenta l’Anief (Associazione sindacale costituita da docenti e ricercatori in formazione, precari, in servizio, e di ruolo) sottolineando che «con il passare degli anni, l’Italia è destinata a rafforzare questi numeri, perché con l’innalzamento della quota anagrafica minima per l’accesso alla pensione di vecchiaia, il prossimo step è a 67 anni, ma l’obiettivo progressivo è arrivare a 70 e il numero di over 60enni costretti a rimanere in cattedra è destinato a crescere».

«Quello del ricambio generazionale dei docenti è un problema acuito dalla riforma Fornero e rinforzate dalle manovre ulteriori approvate nell’ultimo biennio» ricorda Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal. «I candidati più giovani ci sono, ma invecchiano da precari».

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