Graduatorie, laureati in rivolta: "Scavalcati da chi non ha mai messo piede in una classe"

Hanno la laurea per insegnare alla materna e alla scuola primaria, o la stanno prendendo. Ma una volta fuori dall’università rischiano di essere scavalcati nelle graduatorie dai 60mila vecchi diplomati magistrali che hanno fatto ricorso. E il paradosso è che tra questi, oltre a insegnanti precari decennali, ci sono anche tanti che nel frattempo hanno fatto tutt’altro nella vita – impiegati, commessi, segretari e fruttivendoli – e non hanno mai messo piede in un’aula. “La nostra laurea così non vale niente”, a protestare sono laureandi e neolaureati di Scienze della formazione primaria che si stanno mobilitando con la campagna social #siamochisilaurea, assemblee nelle università e l’appoggio dei loro docenti. “Non ci stiamo che un barista vada a insegnare e noi invece finiremo a fare i tappabuchi nelle classi”, dichiara a Ilaria Venturi di Repubblica Eugenia Anastasia Maccarrone, voce del coordinamento dell’ateneo di Bologna. E’ l’ennesimo paradosso del reclutamento nella scuola che scatena battaglie per una cattedra e mette gli uni contro gli altri, in questo caso diplomati e laureati.
LA PROTESTA
Nel passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, i laureati di Scienze della formazione primaria, a partire dal 2009, hanno perso la possibilità di inserirsi nelle graduatorie ad esaurimento (Gae), chiuse nel 2008 proprio per smaltire tutti quelli in elenco. In aggiunta, la legge 296/06 ha consentito l’accesso alle Gae a tutti gli abilitati. La possibilità di essere inseriti è stata data, con riserva o a pieno titolo, a chi ha conseguito il diploma magistrale prima del 2001 a seguito di un ricorso al Tar del Lazio, sostenuto dai sindacati, in particolare da Anief. I giudici hanno riconosciuto nel diploma magistrale un titolo abilitante. Se il consiglio di Stato, che si riunirà in seduta plenaria il 15 novembre, confermerà questa linea, la laurea in scienze della formazione varrà meno del diploma. I ricorrenti infatti entrerebbero nelle graduatorie ad esaurimento di prima fascia, mentre i laureati accedono alla seconda fascia per abilitati, cioè verranno dopo nelle chiamate a scuola. Un cortocircuito dovuto al giochino tutto italiano delle graduatorie senza una data di scadenza. 
 
“Che senso ha superare un test d’ingresso al corso, sostenere 40 esami, frequentare 30 laboratori e fare per quattro anni tirocini nelle scuole se poi veniamo scavalcati in questo modo”, si chiede Eugenia Anastasia, 38 anni, una laurea in Scienze della comunicazione, laureanda a Formazione primaria. “Tra i diplomati magistrali ci sono anche quelli che hanno insegnato per tanti anni da precari, che hanno tenuto in piedi la scuola italiana: rispetto a loro noi facciamo dieci passi indietro. Non lo vogliamo fare invece rispetto a chi rispolvera un vecchio diploma pur di trovare un lavoro”. In una lettera aperta il coordinamento nazionale di Roma, con gli studenti di Bologna, solleva il problema della qualità: “Quali le conseguenze? A chi si affida la trasmissione dei saperi? Una scuola di qualità richiede competenze, e la qualità della scuola è delle persone che conseguono un titolo accademico e che chiedono solo dignità a una laurea quinquennale e migliori ed equiparate situazioni lavorative”.
L’APPELLO 
Il coordinamento nazionale dei presidenti dei corsi di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria appoggiano la protesta degli studenti: “La situazione è di forte penalizzazione dei laureati rispetto a coloro che non sono in possesso di laurea”. E ancora: “Esprimiamo preoccupazione in merito alla qualificazione professionale degli insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria che stanno entrando ed entreranno nella scuola nei prossimi anni”. Elisabetta Nigris, docente di didattica generale a Milano-Bicocca, e presidente della conferenza dei presidenti di Scienze della formazione primaria, sottolinea il problema della qualità del corpo docente da garantire nella scuola: “Dal 1999 ci siamo allineati con tutti i paesi europei che prevedono una laurea per l’insegnamento, è veramente un peccato che questa conquista si annulli immettendo una quantità di persone così ingente. Tutti i dirigenti scolastici ci chiedono i nostri laureati perché la loro qualità, nel complesso, è nettamente maggiore”. Non solo. “Verrebbero immesse nella scuola persone di una certa età che non hanno mai visto un bambino e un’aula, che hanno fatto altri lavori e che ora, per ragioni familiari e di collocamento, si mettono a insegnare”. Uno schiaffo per la scuola, ma soprattutto per il bene degli alunni. “Questo è grave”.

 
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