Potrebbe esserci una gradita sorpresa per gli oltre 3 milioni di lavoratori statali che sono in attesa del nuovo contratto. A gennaio, secondo le indiscrezioni, dovrebbe arrivare il nuovo stipendio, quello aggiornato ed aumentato dopo lo sblocco. Una storia che si trascina da anni, con sentenze della Corte Costituzionale e numerosi incontri tra Governo e sindacati che fino ad oggi non hanno portato ancora al rinnovo. La negoziazione ripartirà mercoledì 8 novembre quando le parti sociali del pubblico impiego torneranno a sedersi al tavolo della trattativa con l’Aran, l’Agenzia per la contrattazione che ha avuto l’atto di indirizzo del Ministro Madia per risolvere la questione.

Il tavolo che si aprirà dopo la pausa che il Governo ha voluto per la stesura della Legge di Bilancio, riguarderà i lavoratori dell’Amministrazione Pubblica Centrale, delle Agenzie Fiscali, di Inps ed Inail, ma sarà solo il preludio anche per gli altri comparti delle PA. Ci sarebbero quasi 3 miliardi di risorse destinate al capitolo rinnovo e quindi le condizioni per un rapido esito positivo delle trattative sono buone. Sul tavolo oltre all’aumento di stipendio mensile, anche il bonus da 80 euro di Renzi, la vacanza contrattuale e gli arretrati.

Aumenti ok, ma non di 85 euro

Tutto è ancora fermo alla bozza di accordo trovato tra Governo e sindacati quasi un anno fa, il 30 novembre 2016, con le famose 85 euro di aumento lordo pro capite previste.

I soldi stanziati comprendono anche quanto serve per detonare il pericolo per molti lavoratori di sforare la fascia reddituale utile per percepire il Bonus da 80 euro di Renzi. Un primo problema che appare risolto perché nessun dipendente perderà quell’incentivo. I sindacati che continuano a contestare le cifre parlano di accordo disatteso, perché stando ai calcoli che oggi si possono fare perché le cifre sono state confermate nella nota di aggiornamento del DEF, nelle buste paga a partire da gennaio, in media si troverebbero aumenti di 66 euro al mese.

Lontani quindi dai 1.105 euro all’anno che sarebbero finiti nelle tasche dei lavoratori grazie all’aumento previsto di 85 euro al mese.

L’Anief (sindacato del comparto Scuola) con il suo Presidente Marcello Pacifico ha già ribadito lo scetticismo circa l’esito dell’accordo proprio per via del ribasso di aumento che si avrà rispetto all’accordo.

Fatto sta che gioco forza, cifre alla mano, questo è quello che probabilmente si troverebbero i lavoratori in più di stipendio nel 2018.

Arretrati

Fermo restando il fatto che un contratto fermo da 8 anni, con una vacanza contrattuale mai pagata (l’indennità pari al 50% del tasso di inflazione che spetterebbe nei periodi di vuoto contrattuale, tra un rinnovo e l’altro), sarebbe dovuto essere sanato con cifre diverse e più importanti, il contratto prevede un effetto retroattivo. Non si potrà tornare indietro di 8 anni, ma gli arretrati previsti sono a partire dal 2016. La sentenza con cui la Consulta bocciò il blocco Fornero relativo al salario degli statali infatti è del luglio 2015 e gli aumenti dovrebbero scattare a partire dal 1° gennaio 2016.

Anche in questo caso, cifre alla mano, si prevedono aumenti pari a 14 euro al mese alla voce stipendio pregresso, cioè arretrati. A gennaio quindi, con il primo nuovo stipendio aggiornato, i lavoratori potrebbero percepire tra le 450 e le 500 euro come arretrato. Una cifra che sempre Pacifico per l’Anief giudica irrisoria per tamponare una falla di ben 8 anni.

Ecco perché nonostante le voci di un imminente accordo la partita è ancora lontana dal fischio finale. Le tabelle allegate al DDL 2960 e presenti nell’atto di indirizzo del Ministero della Funzione Pubblica sono queste e le cifre non possono essere diverse da quelle sottolineate da Pacifico e tacciate di inadeguatezza. Basti pensare che solo l’indennità di vacanza stando all’inflazione degli ultimi anni, dovrebbe portare nelle tasche dei lavoratori aumenti di 120 euro a testa.

Nel prossimo incontro quindi la situazione si annuncia ancora incandescente, perché i sindacati dovrebbero firmare un rinnovo a cifre enormemente inferiori a quelle che loro ipotizzano siano quelle giuste.