Sono quasi sferici, un po’ sfaccettati, di svariati colori, e volano in formazione. Non si tratta di Ufo, ma di sfere robotizzate che da qualche anno fanno compagnia agli astronauti che abitano la Stazione Spaziale Internazionale. E nel mondo ci sono centinaia di studenti delle scuole superiori che si sfidano per programmarli: un gioco su scala internazionale in cui i ragazzi, per dirla in parole povere, devono mettere a punto il modo migliore per far completare a questi minisatelliti alcune missioni (come evitare ostacoli, raccogliere oggetti virtuali, distruggere obiettivi). I piccoli robot si chiamano Spheres, realizzate da Mit di Boston a scopi didattici e sperimentali, e la competizione è Zero Robotics, un progetto che, dal 2010, vede coinvolti in gara i licei e istituti tecnici di Stati Uniti ed Europa: nel nostro continente è organizzata da Politecnico di Torino, Agenzia Spaziale Italiana, Università degli studi di Padova, Ufficio scolastico regionale del Piemonte e Rete Robotica a Scuola.

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L’ultima edizione si concluderà domani con un evento al Politecnico, che ospiterà 150 dei ragazzi arrivati in finale. Gli studenti assisteranno in diretta all’ultimo torneo della competizione, che si svolgerà a bordo della Iss, la Stazione Spaziale Internazionale, alla presenza degli astronauti dell’attuale missione al comando del cosmonauta russo Anton Skaplerov, e in collegamento con il Mit di Boston e con l’Università di Sidney, dove si troveranno per assistere alla finale gli studenti provenienti da Stati Uniti e Australia.

Grandi quanto un pallone da calcio, le Spheres pesano 4 chilogrammi e sono state realizzate dal Mit di Boston, che ha ideato e proposto il progetto a livello internazionale per collaudare, in condizioni di assenza di peso, nuove e future metodologie per lo sviluppo di satelliti, per il loro controllo, per lo sviluppo di missioni più efficaci e per collaudare in orbita nuove tecnologie informatiche: «Una delle applicazioni future - spiega Leonardo Reyneri, professore ordinario al Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni del Politecnico di Torino e coordinatore europeo per il progetto Zero Robotics - riguarda il volo in formazione di due o più satelliti per l’osservazione del cosmo e della Terra e per la radioastronomia. Questo lavoro di squadra – aggiunge - permette di moltiplicare le capacità di osservazione, mantenendo la complessità, ma a costi molto contenuti. L’idea è di far volare in formazione due osservatori spaziali a cento metri di distanza ma con spostamenti tra di loro dell’ordine dei millesimi di millimetro».

Le Spheres, di tanto in tanto vengono riattivate dagli astronauti, per esperimenti scientifici proposti da studenti universitari, ed esperimenti didattici sviluppati da studenti delle scuole superiori, ed è possibile seguirli da terra: «Hanno anche un sistema di assetto - aggiunge Reyneri - con 12 piccoli propulsori che permettono loro di muoversi nella stazione, con piccoli getti di anidride carbonica. Naturalmente a livelli molto bassi, per evitare di inquinare l’ambiente interno della stazione».

Su Zero Robotics avevano già lavorato, negli Usa, studenti universitari. In seguito si sono avvicinati anche gli studenti delle scuole medie superiori. Grazie alla collaborazione di Reyneri, coadiuvato poi dall’Esa (Agenzia Spaziale Europea) e da un Comitato Organizzatore Italiano, il coinvolgimento delle scuole superiori si è esteso all’Italia e all’Europa.

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