Riforma pensioni/ Le convergenze di Lega e M5S su Quota 41 e Legge Fornero (ultime notizie)

- Lorenzo Torrisi

Riforma pensioni, ultimissime. Le convergenze di Lega e M5S su Quota 41 e Legge Fornero. Tutte le novità e le news sui principali temi previdenziali di oggi, 15 gennaio

Pensioni_Fornero_Cartello_Lapresse Pensioni, protesta contro la Riforma Fornero (Lapresse)

LE CONVERGENZE DI LEGA E M5S

Lega e Movimento 5 Stelle si confermano i partiti intenzionati a cancellare la Legge Fornero. Luigi Di Maio, secondo quanto riportato da Lapresse, ha spiegato che tra le prime proposte M5S “c’è sicuramente l’abolizione della legge Fornero, e non solo per chi vuole andare in pensione, ma anche per chi cerca un lavoro”. Il candidato Premier pentastellato ha anche evidenziato che “chi ha fatto 41 anni di lavoro deve andare in pensione”, rilanciando così l’ipotesi di Quota 41. Che è anche sostenuta da Matteo Salvini. Il quale, pur chiarendo che non intende cercare alleanze con i pentastellati, ha detto che  se “pensano davvero che gli italiani vengano prima allora vengano in piazza Duomo. Non sono geloso delle nostre buone idee. In questi giorni li ho sentiti dire di voler cancellare la legge Fornero io ricordo che questa è la mia e la nostra battaglia da 4 anni, allora la Lega fu l’unica a non votarla”.

POLETTI: LEGGE FORNERO SI PUÒ MODIFICARE

Anche Giuliano Poletti difende la Legge Fornero, spiegando che gli italiani l’hanno vissuta come un’ingiustizia, “ma penso che abolirla non sia ragionevolmente possibile, perché si metterebbero a rischio i conti del nostro Paese”. Ai microfoni di Sky Tg24 il ministro del Lavoro ha comunque detto di ritenere che la Legge Fornero vada modificata, visti i difetti che ha mostrato di avere, e in questo senso ha ricordato il lavoro fatto di concerto con i sindacati si questo fronte. “Abbiamo fatto una scelta di equità, perché abbiamo deciso che non tutti i lavori sono uguali e si può trattare diversamente chi fa lavori usuranti o pesanti. Questa strada di una modifica, che risponda a criteri di equità, è una cosa che si può e si deve fare. È un tema di discussione che va preso in maniera seria e rigorosa”, ha detto Poletti secondo quanto riportato da Askanews.

BERLUSCONI CONFERMA IL PIANO-MINIME A 1000 EURO

Silvio Berlusconi in diretta a Domenica Live ha confermato una volta di più la sua personale proposta sulle pensioni per il possibile governo del centrodestra dopo il 4 marzo: nonostante le parole di Salvini sulla Legge Fornero, negli studi “di casa” a Mediaset Silvio “glissa” su questo e punta dritto sul discorso delle “pensioni minime”. «Aumenteremo tutte le minime a 1000 euro al mese. Un’altro aiuto alle famiglie e ai pensionati e in particolar modo alle donne che sono quelle che più di tutti lavorano nella vita visto che badano anche alla casa e ai figli ogni giorno e ogni sera». Una ricetta rilanciata che dunque al momento non pone altre novità rispetto al mantenimento parziale o esclusione totale della legge Fornero già modificato dall’ultimo governo di centrosinistra. Un Berlusconi “in forma” che rilancia anche sul taglio delle tasse con la proposta della flat tax, questa condivisa appieno da tutto il fronte della coalizione di centrodestra. (agg. di Niccolò Magnani)

DATI ISTAT: MENO PENSIONI MA PIU SPESA

I dati Istat mostrano con chiarezza come nel 2016 la “cura” messa in programma dal Governo sulle pensioni ha avuto qualche frutto sperato anche se ha innalzato le spese oltre ogni previsione e dunque con relativi problemi annessi: «nel 2016 i pensionati sono scesi a quota 16,1 milioni, contro i 16,8 milioni del 2008. In termini assoluti si tratta di 715.047 persone in meno, che corrisponde a una riduzione del 4,3%. Nello stesso periodo, però, la spesa per gli assegni è aumentata di 41,2 miliardi, passando da 241,2 miliardi a 282,4 miliardi (+22,3%)», si legge nelle tabelle dell’Istat pubblicate ed elaborate da Adnkronos. Non solo, la crescita della spesa è andata ancora oltre con la “sospensione” della riforma Fornero: «si stima che in questi anni siano stati ‘risparmiati’ 15-16 miliardi l’anno, a cui però bisogna aggiungere i costi dei diversi interventi compensativi (dalle salvaguardie degli esodati all’ape). Il sistema pensionistico costa sempre di più a causa dell’incremento degli assegni, che in media sono aumentati del 22,3%, passando da 14.373 euro del 2008 a 17.580 euro del 2016 (+3.207 euro)». 

MIUR, “35MILA PENSIONI”: 100MILA POSTI VACANTI

Le pensioni agitano ancora il mondo scolastico: in piena discussione sul rinnovo dei contratti statali per ogni dipendente del comparto Scuola, il Miur annuncia che sono stati presentate 35mila domande di assegni pensionistici tra docenti e personale Ata (amministrativi, i tecnici, i collaboratori scolastici e i Dsga). Se si tiene conto delle tante altre domane di accesso all’Ape Social già presentate negli scorsi mesi, i vari riposti d’ufficio e le pensioni ordinarie, la cifra che “travolge” la scuola dal prossimo 1 settembre è di circa 100mila posti vacanti da riempire con urgenza. Critiche feroci dai sindacati, specie Anief-Cisal e altri minori, che contestano i dati ancora presenti nella riforma pensioni: «È assurdo che dal 2019 si dovrà lavorare fino a 67 anni oppure avere, senza differenze, 43 anni di contributi per accedere alla pensione anticipata. Nella scuola il personale è sottoposto a un logorio tale che non può assolutamente perdurare fino a quasi 70 anni. Senza dimenticare che docenti e Ata iniziano ad accumulare contributi non prima dei 30 anni: quasi nessuno potrà uscire attraverso la pensione di anzianità», spiega Marcello Pacifico, presidente Anief. (agg. di Niccolò Magnani)

LE PROPOSTE M5S SULLE PENSIONI

La campagna elettorale è entrata nel vivo e la riforma delle pensioni è uno dei temi su cui i partiti si stanno più concentrando nella messa a punto dei programmi. Luigi Di Maio ha detto che il Movimento 5 Stelle intende sostituire la Legge Fornero con la Quota 41. Ma il deputato pentastellato Filippo Gallinella ha voluto ricordare altri punti del programma del Movimento, riguardanti anche le pensioni. Sul suo sito ha infatti spiegato che c’è l’intenzione di far sì che venga aumentata “la libertà dei lavoratori di decidere, entro certe soglie e limiti, il livello di contribuzione (anzianità) e l’età anagrafica di uscita dal lavoro, consentendo loro di bilanciare esigenze differenti (logorio professionale, necessità di avere più tempo libero o esigenza, al contrario, di percepire un assegno previdenziale più ricco)”.

Inoltre, il Movimento 5 Stelle estenderà le categorie che hanno accesso alla disciplina dei lavori usuranti e “terremo conto delle esigenze dei cosiddetti ‘precoci’, ricalibrando anche l’incentivo legato alla ‘staffetta generazionale’, perché sia le imprese che la Pubblica amministrazione hanno bisogno di ringiovanirsi per guadagnare efficienza e competitività”. Resta comunque il tema dell’alta spesa per lo Stato sociale, specie per pensioni e sanità. “In breve, il sostegno alla vecchiaia, in Italia, si mangia tutto poiché spendiamo talmente tanto e male nelle pensioni da aver disintegrato ogni forma alternativa di protezione sociale”, ha scritto Gallinella, secondo cui “la soluzione potrebbe venire da una tassazione diversa dei redditi basata sulla ricchezza prodotta e non sul numero dei lavoratori”.

ANCHE LA LEGA VIRA SULLA QUOTA 41

In questi giorni di campagna elettorale i vari partiti politici attraverso i rispettivi leader stanno presentando le proprie proposte su varie tematiche tra cui una nuova e possibile riforma delle pensioni. Dopo il Movimento Cinque Stelle che per bocca di Luigi Di Maio ha avanzato la proposta della quota 41 ed ossia di permettere ai lavoratori di andare in pensione una volta completati i 41 anni di contributi, anche la Lega Nord sembra essere sulla stessa lunghezza onda. Come ha spiegato il parlamentare Massimiliano Fedriga si andrebbe verso una doppia opzione ed ossia quota 100 e quota 41. Queste nello specifico le parole di Fedriga: “La nostra proposta per la riforma pensioni prevede la quota 100 e la quota 41. Quota 100 vuol dire che la somma dell’età anagrafica e contributiva è uguale a 100 e quindi si può accedere ai benefici previdenziali. Quota 41 non fa riferimento all’età anagrafica ma esclusivamente ai 41 anni contributivi previsti per prendere benefici previdenziali”.





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