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Basta chat e scambio di messaggi tra professori e studenti. Specialmente se privati. A meno che il contenuto della conversazione non riguardi strettamente la didattica. E che sia indispensabile usare il mezzo tecnologico per parlarne. stop alle chat tra professori e studentiA stabilirlo dovrebbe essere una norma del nuovo contratto del personale della scuola, in discussione in queste settimane. A chiederlo l’ARAN, l’Agenzia che rappresenta le pubbliche Amministrazioni nel corso delle trattative con i sindacati.

Una misura inserita d’urgenza nella bozza di accordo dopo i recenti casi di ‘docenti molestatori’ (su tutti quelli accaduti nei licei romani Tasso e Massimo). SMS hot, messaggi WhatsApp ‘spinti’, allusioni neanche troppo velate: in entrambe le vicende l’approccio dei professori nei confronti delle alunne partiva proprio dalla tastiera di uno smartphone.

La norma anti-chat private e le sanzioni per i trasgressori

Quanto basta per formalizzare il divieto. In base a quanto si legge nella norma, una volta firmato il contratto collettivo, i docenti dovranno limitare l’interazione a mezzo dei canali sociali informatici con gli studenti alle sole informazioni di servizio e alle interazioni necessarie per lo svolgimento della funzione di educazione, di istruzione e di orientamento”. Chi vorrà continuare a coltivare le ‘amicizie social’ con i propri studenti dovrà mettere in preventivo le possibili conseguenze. Perché le sanzioni disciplinari previste (a prescindere dagli esiti giudiziari in caso di reato) potrebbero essere piuttosto dure: a seconda della gravità del fatto, si parte dal richiamo verbale ma si può persino arrivare al licenziamento (anche senza preavviso).

In 1 chat scolastica su 5 è presente il prof. Docenti amici anche su Facebook

Ma il confronto sull’argomento è tutt’altro che una novità. Perché la riflessione sull’opportunità che professori e ragazzi rimangano in contatto sui social e via telefono anche al di fuori dell’orario scolastico si trascina ormai da tempo. Skuola.net in passato aveva già segnalato come nelle chat di classe, in 1 caso su 5, fossero presenti anche gli insegnanti. E che 1 studente su 2, tra quelli che hanno un profilo Facebook dà (o chiede) l’amicizia al proprio prof. Contatti virtuali che, come visto, in alcuni casi possono degenerare in qualcosa di pericoloso per i ragazzi. Ne gioverebbe anche la classe insegnante che, in questo modo, eviterebbe di cadere in tentazione.

La protesta dei sindacati: “Così si limita la libertà d’insegnamento”

Anche se la linea seguita dall’ARAN non convince i sindacati dei docenti. A rischio, secondo qualcuno, c’è la libertà d’insegnamento: “E’ opportuno ragionare con calma – avverte Pino Turi, segretario generale UIL Scuola - Le chat si usano spesso a scuola e nella maggior parte dei casi servono alla didattica”. Mentre altri, prima di affrontare il capitolo social, chiedono di concentrarsi su questioni più importanti: “Invece di pensare ad introdurre norme più snelle e adeguate alle necessità, come la cancellazione degli articoli del Ccnl che continuano a discriminare il personale precario rispetto a quello di ruolo – sottolinea Marcello Pacifico dell'Anief-Cisal - ci si concentra su disposizioni che sconfinano dal contratto di lavoro, perché è ovvio che chi va oltre le finalità educative incorre già in sanzioni di carattere penale.

Marcello Gelardini