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Docenti e Ata al voto per le nuove Rsu, occhio ai “mal di pancia”

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Il tempo dei programmi e delle promesse è terminato: ora la “parola” passa alle urne. Da martedì 17 aprile e per i due giorni successivi, oltre due milioni e mezzo di dipendenti del pubblico impiego, anche i precari, saranno chiamati a votare i loro nuovi rappresentanti sindacali. C’è anche la scuola, con oltre 800mila docenti e 250mila Ata. Ognuno di loro potrà esprimere una preferenza nella propria scuola, se con meno di 200 dipendenti; oltre questa quota, le preferenze saranno due.

Le novità

Quali novità porteranno queste elezioni rispetto all’attuale rappresentatività? Prima di tutto, gli eletti avranno modo di tornare a trattare quel salario integrativo – fatto di premi, carriere e organizzazione dei turni – inibito dal decreto legislativo 150/09 dell’ultimo governo Berlusconi, noto come riforma Brunetta. Nella scuola, comunque, i margini non saranno altissimi, vista soprattutto l’esiguità delle somme incluse nel Fis.

In secondo luogo, c’è da rilevare l’introduzione dei “compartoni”, visto che la fusione dei settori ha prodotto solo quattro settori al posto dei vecchi undici.

Ma l’attenzione è soprattutto spostata sull’esito. In particolare, su come il personale della scuola, in particolare, possa avere assorbito gli 85 euro medi di aumento e il forfait degli arretrati 2016/17 tutt’altro che appetibile. Se in una situazione ibrida si sono posizionati Snals e Gilda, che dall’ultimo contratto si sono tirati fuori, a rischiare di pagare i “mal di pancia” sono soprattutto Flc-Cgil, Cisl e Uil.

Le certezze dei Confederali

I Confederali stavolta sono scesi in campo con le dichiarazioni dei segretari generali. Si tratta di eleggere “lavoratori che garantiranno l’attuazione dei nuovi contratti, rivendicando diritti e dignità”, ha detto la leader della Cgil, Susanna Camusso.

Dalla Cgil si dice anche, semplificando un po’ le cose, che si arriva al rinnovo Rsu dopo che è stata “cancellata la legge Brunetta” e quindi le Rsu avranno, sottolinea Serena Sorrentino, voce in capitolo sugli “aumenti della retribuzione economica attraverso la contrattazione decentrata”.

La segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, si rivolge ai suoi: “dobbiamo voltare rispetto all’invasività della politica che spesso ha coperto sprechi”, “episodi di corruzione” e “casi davvero eclatanti di assenteismo”.

In ogni caso, per il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo e le Rsu, se la cellule della rappresentanza sindacale, “erano state messe all’angolo per lunghi anni”, ora “potranno tornare protagoniste”, dice.

Antonio Foccillo (Uil), ricorda infine che queste giornate avranno un carattere simbolico: “ricorrono i vent’anni dalle prime votazioni”, rimarca Di “riscatto” dei lavoratori, “risorsa e non costo”, parla la Confsal Unsa con Massimo Battaglia. Di certo, le questioni che oggi sono di contesa elettorale domani saranno destinate a ricadere sul governo che preparerà la prossima finanziaria, dal ripristino del turnover ai soldi per i contratti 2019-2021.

Gli outsider che tentano la scalata

A questo proposito, i sindacati di base, come i Cobas e gli Unicobas, hanno da tempo accusato i firmatari di contratto di essersi accontentati delle “briciole”. Anche se va ricordato che gli aumenti applicati sono gli stessi degli altri comparti. Nella lista dei sindacati alternativi, che anche l’Usb, che ha dichiarato guerra “alle burocrazie sindacali di CgilCislUil”.

Tra gli outsider c’è poi l’Anief, che nell’ultima sessione si fermò al 3%. Stavolta, il sindacato guidato da Marcello Pacifico si presenta con 5mila liste, 8 mila candidati e 41 mila deleghe puntando alla rappresentatività per, sostiene, “riscrivere il Contratto collettivo nazionale di lavoro per il triennio 2019/21 all’insegna del rispetto del diritto, delle norme europee e costituzionali”.

In ogni caso, l’esito dell’urna stavolta appare meno scontato che in passato. L’unica certezza di queste elezioni, al momento, sembra essere quella dell’affluenza: anche stavolta è assai probabile che superi l’80%.