È un bel pasticcio. Di quelli che solo gli italiani sanno fare: le diplomate magistrali, che fino al 2002 pensavano di poter entrare negli asili e nelle scuole elementari senza problemi, sono rimaste impigliate in un quadro di contraddizioni complicatissimo: chi ha ottenuto il ruolo negli anni passati si è guadagnato il posto di lavoro sicuro, mentre chi è passato all’insegnamento in tempi più recenti, dopo aver messo il piede in aula ora rischia di restare a casa. Perché il diploma non basta più.

I FATTI

Sul modello delle maestre che già avevano ottenuto una sentenza favorevole passata poi in giudicato, negli ultimi anni altre aspiranti al ruolo avevano presentato ricorso attraverso il sindacato, l’Anief o privatamente, per poter insegnare. Ora, in attesa che il Tar si pronunci, dopo quello del Consiglio di Stato è arrivato anche il verdetto negativo dell’Avvocatura di Stato. Il parere, pur se non vincolante per la magistratura, farebbe decadere il diritto delle maestre non laureate a rimanere nelle graduatorie a esaurimento (Gae) precipitandole a fine anno scolastico negli elenchi delle supplenze. In Italia i docenti interessati dal provvedimento sono almeno 5.600 mentre nel Biellese oltre 150 si sono appoggiati alla Cgil, altri 200 all’Anief, una cinquantina alla Cisl e poi ci sono i privati. Intanto mentre bollono le chat in cui tutta Italia si tiene in contatto con aggiornamenti su ciò che capita e su ciò che si può fare. ieri al Miur, una delegazione di diplomati magistrali abilitati ha ribadito la volontà di tornare a incrociare le braccia contro «il più grande licenziamento di massa del pubblico impiego». C’è chi si asterrà dal servizio, il 2 e 3 maggio, e chi raggiungerà nuovamente Roma aggiungendo alla protesta anche lo sciopero della fame. «La nostra sigla non aderisce allo sciopero perché la sentenza dell’Avvocatura non è un atto politico - spiega Marco Ramella Trotta di Flc Cgil -. Ma ovviamente condividiamo la protesta. È il governo che deve intervenire con un decreto per mettere ordine alla questione. La situazione è complessa, i tempi della magistratura sono biblici e il fatto paradossale é che, a differenza di altri settori in cui ci sono più offerte che richieste, qui non sono certo i posti di lavoro a mancare. Le sentenze di merito non sono ancora arrivate e quindi non esistono provvedimenti da impugnare. Dobbiamo attendere che il Tar si pronunci e, nel caso negativo, si potrà sentire un giudice del lavoro, perché chi ha passato l’anno di valutazione, ha dimostrato capacità e competenze che sono state certificate con l’abilitazione. Sulla base delle sentenze si potrà vedere se e come muoversi in ulteriori sedi legali. Intanto aspetteremo che si faccia il nuovo governo per chiedere un tavolo di confronto in cui si trovi una regola per le diplomate e le laureate».

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