Finanza

Scuola, arriva sui tavoli del Parlamento europeo l’annosa questione del lavoro precario

Pubblicato il 19/06/2018
Ultima modifica il 19/06/2018 alle ore 17:08
Teleborsa
Il presidente Anief Marcello Pacifico parla a Bruxelles: basta inganni, l'Italia si adegui.
 
Arriva sui tavoli del Parlamento europeo l’annosa questione del lavoro precario che continua ad imperversare in Italia, a dispetto di norme sovranazionali di tutt’altro tenore: domattina (20 giugno), poco dopo le ore 8, toccherà a Pacifico, illustrare a Bruxelles lo stato dell'arte sull'applicazione negli ultimi vent'anni della direttiva UE nei Paesi membri e sul caso anomalo del personale scolastico italiano.

La relazione del sindacalista verterà sull'analisi di oltre cento sentenze e ordinanze della Corte di Giustizia in diversi Paesi della Comunità europea, che ha toccato l’apice con la sentenza Mascolo emessa a Lussemburgo, nel 2014, rispetto alla violazione della direttiva 70/1999 e di diverse altre direttive sul lavoro. Si dipanerà, quindi, con un breve commento alle due risoluzioni sul precariato prodotte dallo stesso Parlamento europeo.

L’intervento di Pacifico si concluderà sulle cause attualmente pendenti in Corte Europea e sul caso recentissimo del docente italo ispanico in merito alla ricostruzione di carriera, con supplenze limitate illegittimamente al termine delle lezioni, quindi sottraendo in modo ingiustificato gli stipendi di luglio e agosto, e il risarcimento da assegnare al personale entrato in ruolo, ma ancora sfruttato da precario.

"Domani – annuncia Pacifico, presidente del giovane sindacato italiano - chiederò a nome di Anief e per conto della confederazione europea Cesi la stabilizzazione per tutti gli insegnanti e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario italiano. Ma anche per tutti i lavoratori europei che hanno svolto più di tre anni di servizio da precari e che non vengono assorbiti nei ruoli, in virtù di norme capestro che aggirano la Costituzione e le limpide indicazioni provenienti proprio da Bruxelles. Far parte dell’Unione Europea non può servire solo per cercare il pareggio di bilancio, ma anche a rispettare le indicazioni che giungono dal Parlamento europeo: se, davvero, si vuole guardare ad un’Europa comune, guidata dagli stessi valori, allora – conclude il sindacalista autonomo - la si finisca di trattare i lavoratori come pedine".
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