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Pensioni, revisione riforma Fornero: saltano quota 100 e 41?

Anief chiede di uscire a 63 anni, in linea con la media UE

(Teleborsa) - Si attende con ansia la revisione della riforma Fornero sulle pensioni. Secondo alcune indicazioni riportate in sintesi da Orizzonte Scuola, è attualmente allo studio dell’Esecutivo, l’ormai nota “quota 100” e “quota 42”. Tra le varie opzioni, sembrerebbe che quella papabile sia quota 100 con almeno 64 anni di età. Quindi andrebbero in pensione coloro che raggiungono la quota 100 sommando età anagrafica (almeno 64 anni) e contributi versati (36 anni)”, con possibile “novità relativa al calcolo dell’assegno (tutto contributivo dal ’96) e ad un possibile divieto di lavorare e sommare a tale reddito la pensione”. Mentre “quota 41”, costituita dal montante di contributi complessivi, starebbe per essere sostituita da “quota 42”.

Il sindacato della scuola Anief ha sempre reputato importante che il nuovo governo desse seguito a quanto promesso con il “Contratto per il governo del cambiamento” M5S e Lega, pochi giorni prima di vedersi affidato l’incarico: in particolare, a pagina 33 di quel contratto, vi è scritto che “occorre provvedere all’abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma delle pensioni cd. ‘Fornero’, stanziando 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse. Daremo fin da subito la possibilità di uscire dal lavoro quando la somma dell’età e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti”. Per il sindacato, quindi, non è possibile pensare che si ignori un impegno così importante, peraltro ancora oggi considerato prioritario dai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, al pari del reddito di cittadinanza e della flat tax.

“Come presidente dell’Anief – dichiara Marcello Pacifico – approfitto di questi giorni di pausa e di riflessione, per chiedere al governo di essere coerente con gli impegni presi con gli italiani. I lavoratori che rappresentiamo non potrebbero tollerare cambi di direzione in corsa, ancora una volta a loro svantaggio. Per quanto riguarda i docenti e Ata della Scuola, sarebbe anche bene che l’Inps richiedesse finalmente quei contributi figurativi mai versati e si impegni, con i governanti, non a realizzare sterili bracci di ferro, ma a modellare un sistema previdenziale in linea con l'Europa, dove si va in pensione a 63 anni”.
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