25 settembre 2018 - 07:34

Disabili, ecco il piano dei 5 Stelle
Uno studente su 2 senza sostegno

Il balletto dei posti in deroga, i ritardi delle graduatorie, i supplenti non specializzati: sull'assistenza agli studenti disabili è caos. In arrivo un disegno di legge sul gruppo di lavoro: ma restano tanti nodi irrisolti

di Valentina Santarpia

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Sessantamila posti in deroga, 11 mila posti vuoti (di cui il 96% a Nord), docenti non specializzati, graduatorie aggiornate in ritardo, uffici scolastici che concedono la metà delle ore necessarie: a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico, è caos sul fronte sostegno. «Ci sono almeno 80-100 mila alunni su 225 mila che non hanno l'assistenza che dovrebbero avere», denuncia Leonardo Alagna, dell'Osservatorio scuola e della F.I.R.S.T.: la Federazione italiana rete sostegno e tutela diritti delle persone con disabilità appoggia la petizione delle famiglie dei disabili su change.org per chiedere che l'inizio dell'anno scolastico sia «uguale per tutti», mentre invece «giungono notizie allarmanti da tutto il Paese per la carenza dei servizi essenziali per gli alunni con disabilità». E sta per arrivare un disegno di legge, targato 5 Stelle, che prova a mettere mano su una materia tanto delicata quanto complessa. Ma andiamo con ordine.

Posti reali e posti «finti»

In Italia ci sono circa 100 mila docenti di sostegno, a cui vanno aggiunti 60 mila (anche se il Miur nel suo focus di inizio anno parlava di 40 mila) posti «in deroga»: una parola strana che chi purtroppo ha a che fare con la disabilità ha dovuto imparare da tempo. La deroga è al numero di insegnanti previsti dall'organico di diritto, e si deroga perché se le cattedre dell'organico non sono state sufficienti a coprire tutti i casi certificati nelle scuole, allora le scuole -dopo le assegnazioni degli uffici scolastici - devono occuparsi personalmente di coprire i posti vacanti. Spesso le deroghe arrivano per effetto delle sentenze dei tribunali, che puntualmente ogni anno, su sollecitazione delle famiglie, chiedono alle scuole di integrare o concedere il sostegno ad uno studente sulla base della certificazione medica. Perché le famiglie sono costrette a ricorrere ai tribunali per ottenere un diritto sacrosanto? Perché il piano di ore che viene stabilito dal GLHO (il gruppo di lavoro operativo sull'handicap, composto da un neuropsichiatra, dal genitore dell'alunno, dal docente di sostegno, dal coordinatore di classe e da una figura assistenziale) viene sistematicamente scavalcato dalle decisioni degli uffici scolastici, che «in barba a tutte le normative esistenti- spiega Alagna- su indicazioni di circolari interni, riconosce solo 9 ore agli alunni gravi, anziché 8 e solo 4,5 ore ad ognuno dei 6 alunni senza gravità»: il che significa che già all'inizio dell'anno gli studenti hanno circa il 60% del necessario del sostegno. Di qui inizia «il calvario per le famiglie e gli alunni co disabilità e indirettamente le famiglie sono costrette a rivolgersi ai giudici». Il che determina allungamento dei tempi e del reclutamento dei docenti. Oltre ad un esborso, secondo le stime di First, di oltre un miliardo di euro per l'erario statale. A completare il quadro di mala-gestione ci si mette anche la tendenza a ridurre il numero di docenti rispetto al reale fabbisogno. «Perché se nel 2006 gli alunni disabili certificati erano 180 mila e oggi sono circa 255 mila, non si può continuare a mantenere in vita l’organico di diritto bloccato al 66% del necessario, per via della Legge Carrozza 128 del 2013- rileva l'Anief- Come non si può mantenere la forzatura della deroga, dopo che questa è stata bocciata dalla Consulta – anche con la sentenza n. 2023 del 23/3/2017 – e pure dalle sezioni unite della Corte di Cassazione, secondo le quali va salvaguardata la parità di trattamento tra personale precario e di ruolo».

Gli insegnanti senza titolo (per avvicinarsi a casa)

Ma questo è solo un aspetto del problema, il più atavico. Perché a questo nodo, che da anni si presenta per i tagli di risorse, si aggiunge da un anno a questa parte la possibilità, stabilita da un accordo tra l'ex ministra Valeria Fedeli e i sindacati, di assegnare anche docenti non specializzati sul sostegno su cattedre di sostegno, con «assegnazioni provvisorie». L'accordo ha «riportato a casa» migliaia di docenti in ruolo del Sud, che hanno chiesto il trasferimento dal Nord dove erano stati assegnati per l'assunzione. Ma ha finito per penalizzare gli studenti, affiancati non più da docenti preparati ma da insegnanti generici: «Viola la legge 104/92 che prevede che l'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati», sottolinea Daniela Costabile, dei Partigiani della Scuola pubblica. Il risultato? Al Nord sono rimaste le cattedre vuote e al Sud sono finiti gli insegnanti non specializzati sul sostegno. Secondo i dati di Orizzonte Scuola, le assunzioni sui posti di sostegno nelle regioni del Nord sono al 4,4%: su 10.350 posti liberi, ne sono stati assunti 452. Alle medie è stato coperto solo lo 0,2% dei posti vacanti, alla primaria il 6,9%, all'infanzia il 17,6%. Al Centro la percentuale sale al 26,3%, al Sud c'è invece una copertura del 59,6%. Nel complesso su 13.329 posti disponibili effettivi quelli di sostegno coperti sono 1682, appena il 12,6%.

Le graduatorie in ritardo

Su questi posti? Ci andranno probabilmente supplenti non specializzati, come ci spiega Emma Villani, presidente del comitato dei laureati in Scienze della formazione primaria. Perché mentre le assegnazioni provvisorie dei docenti non specializzati sono state fatte entro il 31 agosto (e quindi chi poteva si è fatto assegnare, titolo o non titolo, alla regione di preferenza), quelle per i docenti specializzati, inseriti nella seconda fascia delle graduatorie degli insegnanti, sono slittate al 12 settembre. E in quella data ancora il sistema non permetteva agli specializzati di precisare il proprio titolo, dando modo così ai dirigenti di chiamare per le cattedre vuote, in maniera privilegiata, proprio gli insegnanti di sostegno, anziché gli altri: «A Roma abbiamo assistito in diversi casi a convocazioni dove su 5 posti disponibili per il sostegno, neanche uno dei prof aveva il titolo», spiega Villani.

Il disegno di legge

E sul sostegno sta per piombare una grana ancora più pesante: entra in vigore a gennaio del 2019 infatti una legge che abroga i poteri del GLHO e affida la possibilità di decidere le ore ad un nuovo gruppo di lavoro, il GIT,capeggiato dal dirigente scolastico. «Assurdo: si rischia di ledere diritti costituzionalmente garantiti. Il GLHO è l’unico realmente in grado di conoscere la storia, la vita, le capacità e le potenzialità dell’alunno/a con disabilità», spiega la senatrice Bianca Granato, che sta presentando un disegno di legge per ovviare proprio ad una «sciagurata normativa vigente», appunto la legge 66 del 2017. Nella bozza, che il Corriere ha avuto modo di visionare, si ritorna all'idea di un gruppo di lavoro che comprenda familiari, docenti, esperti, sul modello del GLHO, che sviluppi un piano individuale per il disabile con riferimento al «profilo di funzionamento», che metta insieme sia la diagnosi funzionale che il profilo dinamico-funzionale del portatore di handicap: insomma, un sistema che non faccia pendere la bilancia «spropositamente verso una valutazione di tipo sanitario, escludendo i rilievi di natura pedagogico-educativi». E che non sia costituzionalmente dubbio, come sottolinea il ddl: l’obiettivo è far tornare parte attiva nelle procedure di decisione «i genitori di un/a ragazzo/a e i docenti di sostegno - parti fondamentali ed insostituibili». Con vantaggi anche economici: secondo le stime della Granato, gli 11,5 milioni di euro previsti per i Git sarebbero una «spesa non solo inutile e cospicua» ma anche «controproducente e dannosa».

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