1 ottobre 2018 - 10:56

Gialloverdi all’attacco delle classi pollaio: mai più di 22 in classe

Ma l’emergenza non c’è. Solo quattrocento classi su 117 mila sono soprannumero. Il costo di un cambio così drastico della legge Gelmini è di due miliardi all’anno

di Gianna Fregonara e Orsola Riva

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Lucia Azzolina
Lucia Azzolina

È uno dei punti del programma del governo, il ministro Bussetti ha promesso di occuparsene al più presto e ora ne discuterà anche il Parlamento, dove all’inizio di luglio è stata depositata la proposta di legge della deputata Lucia Azzolina, cinquestelle, insegnante, ex Anief. Si tratta delle classi pollaio che secondo la maggioranza sono una delle «grandi emergenze» della scuola pubblica. In realtà anche i deputati che hanno firmato la legge per trovare un caso tipico di pollaio citano un esempio del 2013, il caso del liceo musicale Giovanni Verga di Modica con 49 alunni. Secondo Tuttoscuola, se per classi pollaio si intendono quelle sopra i 30 alunni, in tutta Italia ce ne sarebbero 410 su 119.817: pari allo 0,34 per cento delle scuole superiori, che sono poi le uniche dove il sovraffollamento scolastico è oggettivamente un problema. Mentre, stando all’ultimo rapporto Education at a glance 2018, sia a livello di elementari che di medie, l’Italia si colloca al di sotto della media Ocse (rispettivamente: 19 studenti contro 21 e 21 contro 23) .

Emergenze presunte e vere

Dietro il facile slogan delle classi pollaio quello che i cinquestelle propongono è di ridurre il numero massimo degli studenti di tutte le scuole dall’infanzia alle superiori al di sotto di 22 per classe (20 se c’è un disabile tra gli studenti). Per le superiori la forchetta sarebbe particolarmente stretta e rigida: classi con 20-22 alunni. Sarà fattibile nella pratica? «Dobbiamo decidere qual è l’obiettivo - precisa Azzolina - : se si tratta di contenere la spesa non ci aspettiamo poi che la scuola italiana possa migliorare; se mettiamo al centro la crescita dei nostri ragazzi, invece, la cura degli spazi in cui passano gran parte della loro giornata è fondamentale». Vero, anche se uno studio sulla fattibilità non guasterebbe: in scuole vecchie e maltenute come le nostre, dove mancano i cortili e le palestre, per non parlare dei laboratori e delle aule di informatica, quando aumentano le classi in genere è a scapito degli spazi comuni di cui pure i ragazzi avrebbero così bisogno. Per non parlare dell’altra vera emergenza segnalata dall’ultimo rapporto di Cittadinanza attiva: quella dei controsoffitti che crollano (uno ogni 4 giorni). Forse, prima di moltiplicare le aule, andrebbero messe in sicurezza quelle che già ci sono.

Costi e fattibilità

Il progetto Azzolina rappresenta un bel taglio, in termini di studenti, rispetto ai limiti previsti oggi dalla legge Gelmini (da 15 a 26 per la primaria; da 18 a 27 per le medie e tra 27 e 30 per la prima classe della secondaria). L’idea è quella macroniana di ridurre il rapporto alunni docente per migliorare la qualità della didattica e anche quella di ridurre il numero di alunni per adeguare le classi alle aule, spesso piccole delle scuole italiane. Anche se da noi soprattutto alle elementari e alle medie le cose vanno molto meglio che da loro: sempre secondo l’ultimo rapporto Ocse, la ratio studenti prof è di 11 a uno alle elementari (contro 19 a uno in Francia); idem alle medie (11 contro 15). Anche in questo caso la situazione peggiora alle superiori dove comunque restiamo sotto la media dei cugini d’Oltralpe (10 contro 11). E comunque in Europa c’è chi se la passa molto peggio sia di noi che di loro pur vantando risultati scolastici assai più raguardevoli (nella Finlandia dei miracoli la ratio studenti-prof è addirittura di 17 a uno). Ma soprattutto: quanto costerebbe questo adeguamento ai limiti strettissimi della legge Azzolina? A regime 2.130.000.000 all’anno, in termini di nuovi professori e aule. Quanti ne servono? Spiega la deputata che ha presentato la legge: «La stima precisa è in via di esatta definizione con i dati relativi anche all’ultimo anno scolastico. Le proiezioni sugli anni precedenti ci dicono che anche su questo fronte, con la giusta gradualità, il fabbisogno di spazi si può coprire facilmente».

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