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Selezione per diventare docenti di sostegno, Anief: viziata da procedura ingiusta e discriminante

Il regolamento non prevede un punteggio minimo per superare la prova preselettiva: la soglia d’accesso è rappresentata dal numero di posti disponibili in ciascun Ateneo e dipenderà dal numero delle disponibilità già fortemente disomogenee a livello regionale e non dal merito

(Teleborsa) - La selezione per diventare docenti di sostegno, avviata con il Decreto n. 92/2019, è viziata da una procedura ingiusta e discriminante: il vulnus che rischia di compromettere l’esito regolare della procedura, che si somma all’assurda volontà di distribuire 14.224 posti con modalità random, è stata denunciata subito dal sindacato della scuola, Anief ed ora viene messa in evidenza dalla stampa, a meno di venti giorni dallo svolgimento dei test d’accesso ai corsi universitari specializzanti nella didattica speciale in programma a metà aprile.

La mattina del giorno 15 aprile toccherà infatti ai concorrenti della Scuola dell’infanzia, mentre il pomeriggio il test d’accesso verrà affrontato dai candidati della Scuola primaria; il giorno dopo, il 16 aprile, sarà la volta dei docenti della scuola secondaria di primo grado e della secondaria di secondo grado.

In base al bando, risulta che il test avrà una durata di due ore e si comporrà di 60 quesiti, ognuno dei quali presenterà cinque opzioni di risposta, fra le quali il candidato ne dovrà individuare una soltanto: almeno 20 domande saranno volte a verificare le competenze linguistiche e la comprensione dei testi in lingua italiana. Per quanta riguarda la valutazione, ogni risposta esatta varrà 0,5 punti, mentre ogni eventuale risposta non assegnata oppure errata varrà 0 punti. E alla prova scritta saranno ammessi il doppio dei candidati rispetto al numero dei posti disponibili in ciascun Ateneo. Se, ad esempio, i posti messi a bando da una Università sono 100, verranno ammessi alla prova scritta solo i primi 200 candidati meglio collocati in quella graduatoria.

Il problema è che al termine di quelle prove, non è previsto un punteggio minimo per superare il test, per cui la soglia è rappresentata dal numero di posti disponibili in ciascuna università. Questo significa che chi, tra i candidati presenti, raggiungerà il punteggio più alto nel test determinerà la sorte di tutti gli altri partecipanti. Potrà pertanto accadere che con lo stesso punteggio in una Università il candidato sarà ammesso alla prova scritta e nell’altra no, poiché dipenderà dal numero di posti".

L’ufficio legale dell’Anief ritiene che questa procedura selettiva non contempli minimamente criteri oggettivi e rispettosi dell’effettivo merito dei candidati che vi parteciperanno: pertanto, il giovane sindacato ha deciso di rivolgersi al Tar del Lazio per tutelare coloro che conseguiranno un punteggio finale alle prove preselettive pari o superiore a 18/30, ma che per ingiustificati motivi non verranno ammessi ai corsi di sostegno.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, "quando il Ministro dell’Istruzione dichiara che il sostegno ai disabili è una priorità per questo Governo e che intende specializzare 40 mila docenti in tre anni, deve essere coerente con quello che dice. Organizzare in questo modo i corsi per trasmettere i dettami della didattica speciale equivale a dire che si stanno riempiendo dei vuoti, senza occuparsi della qualità".

“Come si fa a comunicare a un candidato che anche se ha conseguito 28 punti su 30 non potrà partecipare ai corsi di sostegno, mentre un altro che per rispondere agli stessi quesiti ha preso 25 su 30 potrà invece avere accesso a quel corso, solo perché lo ha svolto in un’altra Università? - continua il sindacalista - . Ancora una volta noi staremo accanto ai docenti che per colpa di bandi astrusi e norme discutibili rischiano di compromettere la loro carriera professionale".
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