È amareggiato Marco Bussetti, ministro dell’Istruzione. Preferisce non rilasciare commenti ma respinge con forza ogni accusa di aver pronunciato parole razziste o di discriminazione. Pensa di essere stato frainteso nell’esprimere il suo pensiero sui giovani.

Sotto accusa c’è una sua risposta all’intervista pubblicata ieri sul nostro quotidiano, quella in cui, precisando la sua posizione sui flussi migratori e sul loro ruolo nel contrastare il calo demografico, spiega che «regolare i flussi tutela innanzitutto chi cerca rifugio in Italia, avendone diritto. Penso anche, però, che il primo pensiero debba sempre essere quello di aiutare i nostri giovani affinché possano farsi una famiglia, avere dei figli, vivere con serenità il loro progetto di vita. La ritengo una priorità assoluta».

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L’attacco delle opposizioni

Dai sindacati ai partiti di opposizione, la reazione è stata netta, mentre a difenderlo ci ha pensato la Lega, partito di riferimento del ministro.

L’ex presidente della Camera Laura Boldrini, oggi deputata di Liberi e Uguali, critica il titolare dell’Istruzione che «lancia slogan discriminatori come un Salvini qualsiasi». Andrea Marcucci, capogruppo Pd in Senato commenta così: «A scuola in Italia le uniche cose che devono venire prima sono la capacità e il merito, che non hanno nazionalità o colore della pelle». Ettore Rosato, vicepresidente dem della Camera, si domanda a sua volta: «Quando il Ministro Bussetti parla di “nostri figli”, esattamente a cosa si riferisce? Ai suoi? Ai figli dei sovranisti? Oppure ai ragazzi di tutte le età nati e cresciuti in Italia, che frequentano le nostre scuole, parlano i nostri dialetti, giocano e tifano le nostre squadre di calcio?».

Per i presidi «non ci può essere un’istruzione di serie A e una di serie B», come afferma Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi.

Sindacati in rivolta

Prende le distanze anche il mondo sindacale. Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl scuola, sottolinea, però, le buone intenzioni di Bussetti: «Sono convinta che l’espressione usata dal ministro non sia accompagnata da pensieri negativi».

La Cgil, invece, non accetta distinzioni a scuola. Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc-Cgil: « Può funzionare come slogan elettorale, ma non come dichiarazione di un ministro dell’Istruzione».

Per Pino Turi, segretario generale della Uil, «gli studenti non sono “graduabili”, non ci possono essere primi né secondi». Aggiunge Rino Di Meglio, portavoce della Gilda insegnanti: «La vera prima linea per un futuro senza ghetti è integrare – continua – far conoscere a tutti i principi costituzionali e alfabetizzare». Marcello Pacifico, presidente dell’Anief, ricorda: «Il ministro pensi a tutelare tutti gli studenti della scuola italiana, tanto più che nel nostro Paese uno studente su dieci è alloglotto e spesso lo è la maggioranza nelle prime classi di alcuni Comuni del nord».

A difendere il ministro è la Lega.Il senatore Claudio Barbaro garantisce che «da sempre gli studenti, senza distinzione alcuna, sono al centro della sua azione di ministro ed educatore».

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