SCUOLA – Corte dei Conti: bassi investimenti, troppi abbandoni, disparità regionali e più supplentite 

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Scuola: Nel Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica, all’interno del paragrafo “L’istruzione e le riforme in itinere”, si riscontra una lucida analisi sui problemi della scuola pubblica italiana, derivante dalle pessime politiche di gestione degli ultimi decenni. Alla base del decadimento del sistema d’istruzione nazionale ci sono i tagli ai bassi investimenti, il tasso di abbandono scolastico, che rimane ancora al di sopra della media europea, con i livelli di apprendimento degli studenti e degli adulti su competenze chiave e le competenze di base che risultano invece inferiori. 

 

La Corte di Conti non si nasconde e illustra con schiettezza i tanti limiti del nostro sistema d’istruzione: “La crisi economica iniziata nel 2008 – si legge nel Rapporto annuale – ha prodotto un consistente impatto sui bilanci degli Stati europei con il risultato, evidenziato anche dall’OCSE nel suo ultimo rapporto Education at a glance 2018, di una sensibile contrazione della percentuale di spesa pubblica dedicata all’istruzione; un profilo, questo, particolarmente sensibile per l’Italia che registra una percentuale di spesa per l’intero sistema (dalla primaria alla terziaria) pari al 3,9 per cento del Pil a fronte del 5 per cento della media OCSE e del 4,6 per cento della media europea. Inferiore alla media OCSE risulta anche il livello della spesa per studente; divario che, tuttavia, si rivela più limitato nella scuola primaria ed aumenta con i livelli di istruzione”. 

CRESCE IL PRECARIATO

Allo scarso impegno economico, poi, si associa quello organizzativo e strategico. Sempre la Corte dei Conti ha ricordato che “a fronte della progressiva entrata in vigore della revisione degli ordinamenti, meno incisivi sono risultati gli effetti conseguenti alla riorganizzazione della rete scolastica e al ridimensionamento degli organici, che si è tradotto, sostanzialmente, in una flessione del personale docente di ruolo e in una crescita del, meno oneroso, personale docente non di ruolo”, che infatti a settembre toccherà livelli record

IL POTENZIAMENTO DELL’AUTONOMIA

L’organo di rilievo costituzionale ha quindi rammentato che l’intento che si celava nella “legge n. 107 del 2015” era quello di “dare piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche. In tale direzione hanno assunto rilievo, in primo luogo, le disposizioni volte ad ampliare l’offerta formativa delle istituzioni scolastiche e a programmarne le attività attraverso l’adozione di un Piano triennale, cui si è affiancata l’istituzione del c.d. organico dell’autonomia e la previsione, per far fronte ad ulteriori esigenze, di un ulteriore contingente di posti (c.d. organico di fatto) fissato annualmente. Tali misure hanno consentito, a decorrere dall’anno scolastico 2016-2017, il rispetto degli obiettivi di contenimento dei posti comuni dell’organico del personale docente, mentre è risultato ancora elevato lo scostamento dei posti di sostegno. Nell’ambito del personale tecnico-amministrativo, la difficile tenuta degli obiettivi ha trovato conferma negli anni scolastici successivi ove, in fase di adeguamento dell’organico di fatto a quello di diritto, sono stati istituiti, rispetto al contingente massimo stabilito, ulteriori posti per i diversi profili professionali”. 

MANCANO SOLDI

Nel rapporto, quindi, si ricorda che il “piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato per l’anno scolastico 2015/2016 e gli ulteriori interventi negli anni successivi” adottati “hanno consentito, nell’ultimo triennio, una consistente crescita del personale docente di ruolo, malgrado la forte dinamica delle cessazioni intervenute negli ultimi esercizi. Meno incisivi rispetto alle aspettative sono risultati, invece, gli effetti sul ricorso al personale a tempo determinato e sulla consistenza delle graduatorie ad esaurimento”. Secondo gli economisti di Stato, quindi, richiede “un ulteriore potenziamento, anche sotto il profilo finanziario, il pur ampio ventaglio delle iniziative avviate nel corso della passata legislatura”. 

ALTERNANZA RIVISTA PER RISPARMIARE

La Corte di Conti getta quindi la maschera sulle motivazioni che hanno portato a dimezzare le esperienze aziendali degli studenti del triennio finale della secondaria. “In controtendenza – scrive – appare il ridimensionamento dell’istituto dell’alternanza scuola-lavoro operato dalla legge 145 del 2019 che, rispondendo ad immediate necessità di contenimento della spesa, ha ridotto drasticamente l’orario complessivo da destinare ai relativi percorsi rinviando gli interventi, pur necessari, finalizzati a rendere i percorsi il più possibile coerenti con il percorso di apprendimento degli studenti”. 

TROPPI ALUNNI LASCIANO SCUOLA PRIMA DEL TEMPO

Infine, nel rapporto annuale si ricorda che “nonostante i miglioramenti nella qualità della istruzione scolastica e gli sforzi, anche finanziari, avviati nell’ultimo triennio, continuano a presentarsi criticità già da tempo evidenziate atteso che: il tasso di abbandono scolastico, pur avvicinandosi alla soglia definita nella Strategia Europa 2020, rimane ancora al di sopra della media europea; i livelli di apprendimento degli studenti e degli adulti rimangano al di sotto dei valori europei per quanto riguarda le competenze chiave e le competenze di base; persistono ampie disparità regionali sia nei livelli di apprendimento sia nella situazione occupazionale degli studenti diplomati”. 

L’ANALISI DEL PRESIDENTE ANIEF

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “con questo andare, fatto di investimenti scarsi, addirittura in progressivo calo, e mancato supporto ai nostri giovani, per il dopo-maturità non dobbiamo lamentarci se poi le ultime percentuali dei Paesi membri dell’UE ci dicono che a fronte di una media europea del 40,7%, in Italia è in possesso della laurea appena il 27,8% dei giovani in fascia d’età 30-34 anni. Mentre a livello scolastico sarebbe fondamentale andare a rivedere i percorsi formativi, anticipando a 5 anni di età l’avvio, con un anno ponte infanzia-primaria, prorogando nel contempo sino alla maturità l’obbligo formativo, in modo da ridurre la dispersione e potenziando l’orientamento post diploma, oggi relegato a dei progetti affidati alla buona volontà delle scuole secondarie. Sul fronte degli organici, invece, nessuna autonomia potrà realizzarsi senza una piena trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto. Per il precariato, addirittura in crescita, le soluzioni prospettate dall’attuale ministro dell’Istruzione appaiono insufficienti perché andranno solo a sanare, in media, la situazione professionale di un precario ogni tre”, conclude Pacifico.