Ecco la vera insicurezza. La scuola italiana non sa trattenere gli studenti più deboli: alte percentuali di abbandoni al Sud, tra disabili e stranieri (di G. Fiamma)

Altro che la scuola di tutti, nessuno escluso: quella del Belpaese sembra sempre più una scuola pubblica per élite, che non sa trattare come dovrebbe chi è più in difficoltà. Come gli allievi iscritti in aree difficili, i giovani con disabilità e che non sono italiani. A confermarlo è l’ultimo Country Report sull’Italia elaborato dalla Commissione europea, sul quale Anief ha realizzato un focus e dal quale emerge che nonostante i recenti miglioramenti nella qualità dell’istruzione scolastica, le ampie e persistenti disparità regionali nei risultati dell’apprendimento continuano a destare grande preoccupazione.

Marcello Pacifico (Anief): Se gli investimenti sono modesti – considerando che con l’ultima legge di Bilancio è stata anticipata una riduzione progressiva nel prossimo ventennio di investimenti rispetto al Pil, con il punto più basso previsto nel 2040, quando si scenderà dal 3,9% al 3,1%, mentre l’Ocse oscilla sul 5% – e gli organici del personale rimangono legati alle mere iscrizioni, anziché alle difficoltà locali oggettive e alla tipologia di utenza, sempre più non italiana, per non parlare del sistema del sostegno ai disabili, che lascia volutamente precario un docente ogni tre e paga tutti la metà dei colleghi europei, il risultato non può che essere quello di una società egoista che lascia indietro proprio chi è già più sfortunato.

La dispersione scolastica italiana non è solo maggiore rispetto agli altri Paesi, nota l’Anief sui dati europei, molto lontano dalla Strategia Europa 2020 che lo poneva al 10%, anziché oltre il 14% che si ravvisa nel nostro Paese. Ora si scopre che a figurare in alto numero tra chi è destinato a diventare Neet ci sono i giovani del Sud, tanti giovani disabili e stranieri.

In base ad uno studio di livello nazionale nel 2018 – dice l’UE – il numero di persone con risultati insufficienti è decisamente maggiore al Sud rispetto al Nord (nel grado 8: 45 % contro 28 % in italiano, 67 % contro 27-30 % in inglese, 54-56 % contro 28-32 % in matematica). Dal Country Report risulta che “soprattutto al Sud le differenze significative nei risultati tra e all’interno delle scuole potrebbero indicare una tendenza a raggruppare gli studenti in base alla loro capacità. Il Sud e le isole registrano inoltre i tassi più elevati di abbandono scolastico (rispettivamente 17,3 % e 21 % rispetto al dato nazionale del 14 % e alla media UE del 10,6 %)”.
La discriminazione tocca, con effetti ancora più pesanti, sottolineano ancora i dati, gli alunni con seri problemi di apprendimento: “Il tasso di abbandono scolastico delle persone con disabilità è superiore alla media dell’UE (30,2 % contro 23,6 %)”, sottolinea la Commissione Ue. C’è poi il problema dei troppi alunni stranieri che lasciano i banchi prima del tempo: “Il livello di istruzione conseguito dagli studenti non italiani è notevolmente inferiore a quello degli italiani. Gli studenti non italiani – scrive ancora la Commissione UE – rappresentavano il 9,4 % della popolazione scolastica nell’anno scolastico 2016/2017. La maggioranza (61 %) è nata in Italia. Rispetto agli studenti italiani, quelli stranieri presentano un rischio più elevato di ripetenza (31,3 % contro 10 %) e di abbandono scolastico (30,1 % contro 12 %)”.

Sulle motivazioni di questi dati poco edificanti, la stessa Commissione europea mette in risalto due problematiche. La prima è che “i risultati dell’apprendimento potrebbero essere influenzati negativamente dalla gestione degli insegnanti e dalle loro condizioni di lavoro”. La seconda motivazione è legata agli investimenti modesti riservati al sistema scuola e formazione: “il livello di spesa pubblica in proporzione al PIL” dell’Italia, infatti, si colloca “tra i più bassi dell’UE (3,9 % per l’Italia e 4,7 % per l’UE nel 2016)”.
Il Country Report sull’Italia si sofferma anche sul fatto che “sinora non è stata adottata né discussa alcuna azione politica per ridurre le differenze nel livello di istruzione tra gli studenti italiani”. E non è solo un problema di finanziamenti, anche se rimane tra i principali. Perché per superare la didattica per le élite, “sottrarre, assumere efficacemente e motivare gli insegnanti è fondamentale”.

Galvano Fiamma