22 luglio 2019 - 16:19

Diplomati magistrali, la Cassazione conferma: «Fuori dalle graduatorie»

Intanto però il ministero dell’Istruzione ha varato il concorso straordinario. Ma c’è una fetta di precari che prosegue con la battaglia legale

di Valentina Santarpia

Diplomati magistrali, la Cassazione conferma: «Fuori dalle graduatorie»
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Le Sezioni Unite civili della Cassazione hanno respinto il ricorso di un nutrito gruppo di maestri diplomati, confermando la sentenza del Consiglio di Stato, che a fine 2017 ha escluso dalla graduatorie a esaurimento per le scuole materne ed elementari gli insegnanti in possesso del solo diploma magistrale che non avessero partecipato alle sessioni di abilitazione o ai concorsi. Una decisione che all’epoca gettò nello sconforto migliaia di persone inserite nelle graduatorie per l’immissione in ruolo nella scuola. I ricorrenti, una trentina, tutti diplomati magistrali, cioè maestri e maestre senza la laurea che hanno preso il diploma entro il 2001-2002, contestavano che il Consiglio di Stato avesse ecceduto nei suoi poteri togliendo valore abilitante al diploma magistrale e denunciando una lesione dei diritti fondamentali, visto che avevano lavorato nella scuola per oltre un ventennio e non erano stati tutelati dai giudici «contro l’arbitrio della Pubblica amministrazione». Motivi ritenuti inammissibili dalla Suprema Corte: la decisione «rimane entro l’ambito di interpretazione e ricostruzione di una complessa normativa».

La battaglia legale

Che la decisione non sarebbe stata cambiata tanto facilmente lo sapevano i circa 50 mila diplomati magistrali che aspettavano una risposta. Ed è per questo che a gennaio dell’anno scorso intrapresero subito una protesta chiedendo una soluzione politica.

Arrivata in effetti con il ministro Bussetti e con il concorso straordinario infanzia e primaria previsto dal decreto dignità, che proprio negli ultimi giorni ha prodotto le prime graduatorie: si è trattato di un concorso facilitato, che sostanzialmente puntava a inserire i diplomati magistrali, sanando la loro situazione e superando di fatto quel no del Consiglio di Stato (confermato oggi dalla Cassazione).

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Non tutti i diplomati avevano però i requisiti per parteciparvi, e per di più c’è da considerare che è probabile che molti «vincitori» potrebbero rimanere parcheggiati qualche anno prima che ci siano i posti disponibili per essere inseriti a tutti gli effetti nella scuola. Motivi per cui c’è ancora una fetta di precari intenzionata a proseguire la battaglia sul fronte legale: l’Anief conferma che proseguirà il contenzioso al Tar, dove è stata sollevata la questione pregiudiziale comunitaria, e che impugnerà i licenziamenti, mentre valuta una class action per i risarcimenti dei danni. Entro il 2020 dovrebbe poi pronunciarsi anche il Consiglio d’Europa sul reclamo collettivo, proposto sempre dall’Anief. «Non ci fermeremo – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale – siamo abituati a lottare fino alla fine. La nostra azione di tutela non si esaurisce qui e agiremo su più fronti. Riteniamo vergognoso l’accanimento nei confronti di tanti docenti colpevoli solo di essere stati ingannati per anni dallo Stato italiano che ora continua a sfruttare la loro professionalità nelle scuole per assicurare il corretto svolgimento delle attività didattiche».

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