la sentenza

Scuola, Cassazione: niente panino da casa

1 agosto 2019 | 07:00
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Scuola, Cassazione: niente panino da casa

Avrà effetti solo per alcune Regioni l’accoglimento dell’appello contro la sentenza che consentiva alle famiglie di rifiutare la mensa per i figli

Scuola – Avrà effetti solo per una parte delle Regioni italiane l’accoglimento dell’appello del Comune di Torino e del Miur contro la sentenza che consentiva alle famiglie di rifiutare la mensa per i figli e fruire del pasto portato da casa.

La Corte di Cassazione ha detto dunque sì al ricorso del ministero dell’Istruzione e del Comune di Torino contro i genitori che chiedevano la libertà, per i propri figli, di portarsi il pasto da casa: non esiste un “diritto soggettivo” a mangiare il panino portato da casa “nell’orario della mensa e nei locali scolastici” e la gestione del servizio di refezione è rimesso “all’autonomia organizzativa” delle scuole hanno infatti stabilito le Sezioni Unite della Cassazione, accogliendo quindi il ricorso e ribaltando una pronuncia favorevole ai genitori degli alunni che preferivano alla mensa il pasto portato da casa.

Portare il “panino da casa”, scrivono i giudici, comporta una “possibile violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione in base alle condizioni economiche, oltre che al diritto alla salute, tenuto conto dei rischi igienico-sanitari di una refezione individuale e non controllata”.

IL CASO DELLA SICILIA

Si chiude quindi una questione che andava avanti da anni. Ma il problema non si pone nelle scuole del Sud, dove nella stragrande maggior parte di casi la mensa non è mai stata attivata. Il caso della Sicilia, poi, è emblematico: ben 85 alunni della primaria su 100 escono oggi da scuola all’ora di pranzo.

Il problema, ha commentato La Repubblica, è che “in Sicilia, mancano gli spazi e le mense che permettono al tempo pieno di decollare”.

Marcello Pacifico (Anief): “Sbaglia chi sostiene che è un problema culturale, perché se anche dalla Campania in giù si fornisse un servizio mensa efficiente, che possa contare su strutture e cucine a norma e finanziamenti adeguati e assegnati con stabilità agli enti locali per allestirle e mantenerle, le famiglie sarebbero ben contente di optare per il tempo pieno dei figli”.