Il nuovo ponte di comando del Miur

Con la nomina di un viceministro (Anna Ascani, PD di rito renziano) e di due sottosegretari (Lucia Azzolina, M5S, e Giuseppe De Cristofaro, LeU) si è completato il ponte di comando del Miur giallorosso, guidato dal ministro Lorenzo Fioramonti, già viceministro pentastellato del leghista Marco Bussetti insieme all’altro sottosegretario del M5S, Salvatore Giuliano, non confermato nella nuova squadra di governo. Capo di Gabinetto Luigi Fiorentino, che già aveva ricoperto questo ruolo con l’ex ministro Profumo. Il portavoce e capo ufficio stampa è Vincenzo Cramarossa.

La fisionomia del comando politico a quattro punte del Miur vede prevalere il giallo dell’accoppiata Fioramonti-Azzolina rispetto al rosso, con differenti gradazioni, degli altri due sottosegretari, la piddina Ascani e la new entry De Cristofaro, già segretario della federazione di Napoli di Rifondazione comunista ed esponente del Genoa Social Forum. Vedremo quale sarà la distribuzione delle deleghe, ma è prevedibile che, fermo restando che l’ultima parola è sempre riservata al ministro, potrebbero esserci momenti di confronto, anche vivace, tra Anna Ascani – 32 anni, laurea in Filosofia – pasdaràn della Buona Scuola, e l’ex insegnante Lucia Azzolina – 37 anni, siciliana di Siracusa e fresca vincitrice del concorso per dirigente scolastico – che ha alle spalle anni di dura contestazione della riforma, condotta anche nella veste di sindacalista dell’Anief.

In questo confronto Azzolina potrebbe essere affiancata da De Cristofaro, esponente di un partito come LeU, nato anche sull’onda della battaglia condotta dalla componente più di sinistra del Partito democratico, poi fuoruscita dal partito, contro la legge 107/2015, la più renziana delle riforme insieme al Jobs Act. È probabile peraltro, dato l’avanzato stato di implementazione della Buona Scuola, proseguito in parte anche durante la gestione Bussetti del Miur, che non ci saranno novità di rilievo: la questione più delicata, quella del ruolo e dei poteri dei presidi, compresa la ‘chiamata’ nominativa dagli ambiti, è stata già avviata a soluzione prima dall’ex ministra Fedeli, e poi definitivamente affossata dagli accordi sindacali intervenuti anche durante il governo gialloverde.

L’impianto della riforma, dunque, non sarà toccato, o meglio sarà ritoccato solo nei pochi punti rimessi in discussione dal ‘contratto’ gialloverde come la disciplina riduttiva dell’alternanza scuola-lavoro, mentre è da escludere che si torni indietro rispetto alle mediazioni effettuate da Valeria Fedeli e anche da Marco Bussetti sulle questioni riguardanti i presidi e il personale docente. Molto improbabile è anche l’adozione di misure, come il costo standard universale o un modello di autonomia regionale differenziata che modifichi la posizione dei docenti, perché si tratta di temi politicamente assai delicati e fortemente divisivi. La via maestra, insomma, è sul versante scolastico quella della implementazione della Buona Scuola nei suoi aspetti più innovativi: una vera autonomia delle scuole, la valutazione di sistema, la formazione obbligatoria in servizio, la rivoluzione digitale, la lotta alla dispersione e il sostegno delle fasce deboli della popolazione scolastica. Con un’attenzione particolare alla “classi pollaio”, risorse economiche permettendo.