«Io sardina napoletana
ho votato scheda bianca»

«Io sardina napoletana ho votato scheda bianca»
di Antonio Menna
Giovedì 21 Novembre 2019, 08:23 - Ultimo agg. 11:16
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«Salvini è l'unico che parla alla gente. Dobbiamo farci sentire anche noi. A stare zitti, si ascolta solo lui». Ha la voce tremante di chi si sente catapultata in una storia che non aveva previsto, Antonella Cerciello, ma anche ferma di chi vuole andare fino in fondo a questa strana avventura. È una giovane professoressa di educazione fisica di Pozzuoli (una figlia grande, una passione per il ballo popolare) e ha lanciato, dopo una folgorante idea arrivata in una serata domenicale tra amici, il flash mob napoletano delle sardine. L'appuntamento è per sabato 30, alle 19, in piazza del Gesù. A lei è bastato creare un evento su Facebook per vederlo esplodere in poche ore con migliaia di adesioni. Seimila? Forse saranno anche di più. Adesso la professoressa deve smaltire centinaia di messaggi, domande, richieste, anche qualche primo attacco. «Mi hanno chiamato dalla tv dice un po' spaurita ma io insegno, ho i miei impegni di lavoro. Faccio quello che posso. Ma sta venendo su una rete, un coordinamento nazionale, siamo in tanti e in relazione tra noi e non mi sento sola».

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Com'è nata questa idea?
«Volevo partire per l'Emilia Romagna, dopo aver visto le immagini di Bologna e Modena. Quella bella reazione di popolo, con un popolo antifascista, alle politiche dell'odio e della paura della destra. Volevo andare lì a uno dei prossimi appuntamenti a cantare insieme a tutti Bella, ciao. Ma un amico mi ha detto: perché non lo facciamo a Napoli? Così ho passato la sera a ragionarci su e il giorno dopo ho lanciato l'evento. Un successo che non mi aspettavo. Evidentemente c'è tanta gente che vuole scendere in piazza, mobilitarsi, agire. Far sentire la sua voce».

Niente insegne di partito, niente comizi, niente politici. Che cos'è questa mobilitazione?
«Intanto non è un movimento che chiude le porte, può venire chiunque, anche chi milita nei partiti tradizionali, chi fa già politica. Non escludiamo ma chiediamo di non caratterizzare da una parte o dall'altra. Non alziamo muri, anzi siamo contro chi alza barriere, chi fomenta odio, chi alimenta paure, chi su tutto questo costruisce un clima rancoroso nel Paese per specularci. Una spirale da fermare».

Anche voi però odiate Salvini.
«No, io non odio nessuno, nemmeno Salvini. E nemmeno la Meloni, che non mi sembra meno pericolosa. Io odio semmai le loro politiche, quelle idee. Detesto quell'approccio culturale, quella visione di mondo. La società che vogliono costruire, tutta sulla chiusura culturale e mentale. Detesto la destra degli egoismi».

Destra e sinistra, ci crede ancora? Esistono?
«Saranno sparite le grandi famiglie ideologiche ma non è sparito il concetto di destra e di sinistra. Io sono di sinistra e lo sarò per sempre, nulla può farmi cambiare idea».

Che cosa significa essere di sinistra?
«Stare dalla parte dei più deboli, degli ultimi, degli emarginati, di chi soffre, di chi non ce la fa. Stare dalla parte degli stranieri, per esempio, quelli che scappano da guerra e fame, prendono il mare per una speranza e chiedono solo un aiuto, una mano, niente altro».

Posso chiederle per chi ha votato l'ultima volta?
«Ho votato scheda bianca, e forse lo rifarei anche domani».

Ma così aiuta la destra.
«Mi sono posta questo problema, lo confesso. Ma non sono riuscita a votare per il meno peggio. Anzi, dico basta proprio al meno peggio. Sono di sinistra ma non mi sento rappresentata da nessuno. Certo, la mia area di riferimento è netta e forse dovrei riconsiderare il mio voto. Lo farei se avanzasse una proposta nuova, rinnovata nei volti, nel linguaggio. La sinistra ha smarrito il rapporto con il popolo, con le persone. Lì ci va Salvini e non ci andiamo andare anche noi».

Sembra di sentire gli slogan del Popolo viola o dei Girotondi, se li ricorda?
«Sì, ho l'età per ricordarlo ma non vi partecipai. Non ho mai preso una tessera e non sono mai stata militante di partito. Sono eletta nella Rsu della mia scuola ma non sono nei sindacati confederali. La mia sigla è l'Anief».

Ma non rischiate di fare la fine di quei movimenti?
«Non lo so, c'è questo rischio. Ma dobbiamo coltivare una speranza. Non finirà coi flash mob. Ci sono tutti i presupposti. Ci siamo collegati. Siamo già una rete, siamo un movimento di persone. Io nutro una speranza, e guardo al futuro con fiducia».

Più speranza o più rabbia?
«Direi 51 % speranza, 49 % rabbia. Ma fino a sabato era il contrario. Aver organizzato un evento e aver trovato tanta gente pronta a scendere in piazza mi ha riacceso la fiducia».

Lei si candiderà un giorno?
«Lo escludo, non ho alcuna velleità politica. Mi batto per i valori in cui credo. Solo questo. Non saprei nemmeno farla, la politica vera. La faranno altri, ci vogliono persone adatte e capaci. La favola, alimentata da alcuni, di mettere dei dilettanti nei posti di comando non mi incanta. Ci vogliono le competenze. Ma prima viene la battaglia. Io sono una temeraria, anche se molto spaventata. Mi inquieta la visibilità, sono piena di paure. Spero di non essere attaccata sul piano personale, di non finire in conflitti. Ma sui valori vado fino in fondo. Sì, sono una passionaria e una temeraria».
 

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