25 aprile 2020 - 17:23

«Come siete belli»: nonna e nipoti
si rivedono grazie al robot in corsia

Il nuovo strumento tecnologico negli ospedali di Pisa e Massa: consente anche di consegnare farmaci in sicurezza

di Luca Lunedì

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«Ciao Lorenzo, ciao Luca, come siete belli, era tanto che non vi vedevo». Elena ha una vestaglia rosa e alza una mano dalla quale spunta il tubo di una flebo. Alza una mano e saluta, la sua voce sottile è rotta dall’emozione e dalla malattia, sullo schermo vede i nipoti per la prima volta da quando è entrata in ospedale. In quelle poche parole sussurrate ad uno schermo c’è l’amore di tutti i nonni che il Covid si sta portando via. Basterebbe chiudere gli occhi per far diventare quel dialogo una scena familiare, una nonna alle prese con una videochiamata sotto le feste magari. E invece c’è quel comodino ingombro di medicine e quei macchinari dietro di lei a ricordarci che la solitudine è uno dei prezzi più esosi che il virus fa pagare ai suoi pazienti. Spesso si porta via anche quelle ultime parole, i pensieri finali di una vita finita circondati da occhi stranieri dietro maschere e camici.

A mettere in comunicazione Elena con la sua famiglia è Mattia, un volontario che non solo inoltra la chiamata ma guida, a distanza, un robot. La chiamano telepresenza, vuol dire il mondo per chi è dalla parte sbagliata di una porta d’ospedale. LHF- Connect è entrato in funzione per la prima volta ieri nel reparto di sub intensiva dell’ospedale Cisanello di Pisa: un treppiede che tiene un tablet, montato su una struttura semovente. Tutto qui, tecnologia già esistente e immediatamente disponibile, che funziona grazie ad un software sviluppato da un team di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia in collaborazione con l’Università di Pisa e rilasciato gratuitamente e open source. Il suo gemello è stato consegnato al Noa di Massa. Il vantaggio della completa automazione dello strumento è duplice: da una parte evita l’intervento di personale sanitario in reparti già fortemente stressati dalla mancanza di unità, dall’altra permette di risparmiare dispositivi di protezione individuale che possono essere dirottati su altre esigenze.

La tecnologia consente inoltre di prestare forme di assistenza di base come la consegna dei farmaci, diminuendo l’esposizione del personale sanitario al virus e riducendo la possibilità di contagio. «Durante la sperimentazione si sono valutate anche le procedure per la sanificazione del dispositivo e sono state studiate le modalità per garantire la massima protezione della privacy — spiega l’Azienda ospedaliera universitaria pisana — si sono inoltre sperimentate le potenzialità nel campo della telemedicina effettuando un consulto a distanza in un reparto di terapia intensiva tra il direttore del dipartimento di Anestesia e rianimazione Fabio Guarracino e un paziente intubato. Il medico ha osservato i monitor e interloquito con l’infermiere che assisteva il paziente». L’utilizzo di LHF-Connect ha consentito di ridurre sensibilmente i tempi complessivi del consulto, perché «non si è resa necessaria la fase di preparazione e vestizione del medico, e di limitare l’esposizione del personale al rischio di contagio. Inoltre il consulto può avvenire a distanza, anche da una città all’altra, aprendo la strada a molte numerose applicazioni».

Un terzo robot è invece operativo in una Rsa varesina. «Quando si sarà allentata la pressione sui ricoveri per Covid-19, che stiamo già osservando da qualche settimana anche nel nostro ospedale — dichiara il direttore generale dell’Aoup Silvia Briani — è naturale che riprendano gradualmente tutte le attività ma niente potrà più essere replicato con le stesse modalità della fase pre-Covid-19 perché ci saranno nuovi standard di sicurezza cui attenersi. Queste potenzialità offerte dal dispositivo, in particolare sulla telemedicina sono interessanti e meritano quindi di essere testate». La spesa complessiva dei componenti necessari si aggira intorno ai mille euro, mentre il software viene rilasciato gratuitamente e reso disponibile open source.

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