Voto in decimi alla primaria bocciato dal Consiglio Superiore. Anief: «Giusto, salvaguardiamo gli alunni»

Voto in decimi alla primaria bocciato dal Consiglio Superiore. Anief: «Giusto, salvaguardiamo gli alunni»
Secondo il sindacalista autonomo, la richiesta del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione di valutare gli alunni della primaria con un giudizio riportato nel documento di valutazione e non con la votazione espressa in decimi “va presa in seria considerazione: il voto in decimi, in questo momento sociale e individuale davvero particolare, va evitato: rappresenta una classificazione troppo rigida e razionale rispetto al contesto. Ancora di più perché a determinare la valutazione dell’alunno saranno una lunga serie di fattori, formativi e non sommativi, molto più riconducibili ad un giudizio che un freddo voto numerico”.

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Ha una fondatezza il parere negativo del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione sulla votazione in decimi dei bambini delle classi primarie prevista dal ministero dell’Istruzione anche al termine dell’attuale lungo periodo di didattica a distanza: lo sostiene Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, commentando il giudizio critico del CSPI, secondo cui la situazione emergenziale ha particolarmente penalizzato l’apprendimento degli alunni più piccoli, per i quali l’interazione in presenza con i docenti costituisce un elemento determinante nei processi di apprendimento, in misura maggiore rispetto agli altri gradi di scuola. 

“I bambini – taglia corto il leader del giovane sindacato nazionale - sono i più penalizzati in questa situazione, perché nell’adozione delle misure restrittive non sono stati inclusi i loro bisogni. Il fatto che non ci sia per loro un’emergenza clinica, perché in alta percentuale il virus li risparmia, non significa che non ci sia nei loro confronti un’emergenza educativa”. “In questa situazione – continua il sindacalista autonomo - un voto considerato negativo, anche se ponderato e deciso collegialmente, potrebbe avere delle conseguenze emotive sulla loro voglia di andare a scuola: sono chiusi in casa da due mesi, non vanno a scuola, non vedono gli amici al parco. Con un minimo di empatia, è possibile immaginare il concentrato di emozioni che si è andato ad accumulare in ogni bambino: è inevitabile che nonostante la loro tenera età, si stiano rendendo conto che qualcosa non va. Allora - conclude il professor Marcello Pacifico - a chi giova collocarli anche nell’emergenza in un inutile senso di standardizzazione?”.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 15 Maggio 2020, 12:16
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