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Scuola e coronavirus a Belluno: «La didattica on line danneggia gli ultimi»

I dubbi della referente Anief, Lucilla Rovetto: «La scuola è momento di incontro e confronto che il digitale bandisce»

Paola Dall’Anese
2 minuti di lettura

BELLUNO. «La didattica a distanza può andare bene solo in caso di emergenza, come accaduto in questi mesi. Con questo tipo di lezione, infatti, gli ultimi saranno sempre più ultimi e rischiamo di perderli per strada». Parole di Lucilla Rovetto, insegnante delle medie nel polo Valboite e referente provinciale del sindacato Anief, che analizza il quadro della situazione, evidenziando le lacune delle lezioni digitali .

«Come sindacato», premette Rovetto, «abbiamo sempre appoggiato l’insegnamento online durante l’emergenza Coronavirus. Grazie alla rete, infatti, la scuola è riuscita a restare vicina agli studenti sia nel bene che nel male».



Al di fuori dell’emergenza, però, il sistema presenta diversi lati critici. «A nostro modo di vedere», sottolinea l’insegnante, «la scuola non può essere intesa come mera trasmissione di saperi. È anche socialità, relazione, confronto, cose che vengono a mancare con la didattica a distanza», continua la referente sindacale. «In questo modo gli ultimi sono sempre ultimi: chi ha buone capacità di approccio allo studio, infatti, riesce ad andare avanti senza troppi problemi, mentre i ragazzi con difficoltà, e sono numerosi alle medie, per colmare le proprie lacune hanno bisogno di supporti che la didattica digitale non può garantire od offrire». Insomma, chi se la cavava durante le normali lezioni in classe ha dimostrato di poter reggere anche l’urto di questo nuovo sistema a distanza, mentre coloro che avevano già poca voglia di studiare o che mostravano difficoltà d’apprendimento, hanno visto amplificate le loro difficoltà.

«E per fortuna», prosegue Rovetto, «i dirigenti scolastici hanno fatto di tutto per garantire agli studenti i computer e tutto quello che era necessario per lavorare da remoto. Grazie a ciò, nel Bellunese quasi tutti i ragazzi hanno potuto seguire le lezioni on line. Se poi non si collegavano perché non ne avevano voglia, è un altro discorso».

La sindacalista non nasconde anche le difficoltà incontrate dalla sua categoria: «Anche per noi insegnanti si trattava della primissima esperienza di questo genere e direi che ci siamo mossi sufficientemente bene: quelli tecnologicamente bravi, era chiaramente più a loro agio, altri hanno dovuto imparare a muoversi in corso d’opera. Ma tutti siamo riusciti a metterci in contatto con i ragazzi».

In qualche caso, per eccesso di zelo, gli studenti sono stati caricati di compiti. «Qualche genitore si è fatto sentire e allora abbiamo rimodulato i nostri tempi di lezione. Anche perché il carico cognitivo va commisurato al mezzo di trasmissione del sapere», spiega l’insegnante.

Per Rovetto la situazione più complicata è quella che è stata vissuta dalle classi elementari e dagli asili. «In questo caso le lezioni erano più legate all’emotività, perché insegnare in rete ai più piccoli è davvero complicato».

Il problema potrebbe ripresentarsi a settembre, quando si potrebbe optare per l’alternanza tra lezioni in presenza e a distanza. «Si può fare tutto, basta che sia ben organizzato», conclude la docente, «ma servono gli insegnanti per garantire questi doppi turni di lavoro. Come potremo pensare di andare avanti se da settembre non dovessero essere regolarizzati i contratti a tempo determinato dei tanti precari? Come Anief chiediamo che si proceda al reclutamento diretto del personale, lasciando perdere il concorso». —

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