ROMA - Il governo e gli addetti ai lavori sono impegnati da settimane nella ricerca della formula migliore per consentire, a settembre, una serena riapertura della scuola. Ma il quadro è ancora dominato da troppe ombre. Uno degli scogli più difficili da aggirare rimane quello del distanziamento nelle classi e all’interno degli istituti, ambito sul quale si stanno applicando ormai da tempo anche «genietti» del coding con algoritmi utili alla bisogna. Poi c'è l’impegno del governo, che forte delle grandi difficoltà imposte dal covid a tutto il mondo dell’istruzione cerca di rafforzare le possibili soluzioni future, a partire ovviamente dalla digitalizzazione e la formazione dei prof e del personale amministrativo.

Per l’esecutivo lo spunto per rimettere insieme i fili del discorso è stato anche il Pnr - il Programma nazionale di riforme che indica le iniziative che l’Italia metterà a punto per settembre basato su modernizzazione del Paese, transizione ecologica e inclusione sociale e territoriale, e parità di genere - nel quale ha elencato una lunga serie di possibili soluzioni. Tra queste, tenendo conto di un possibile ritorno del virus in autunno, non poteva mancare quella che è stata definita la «teledidattica». «Entro due anni - viene annunciato nella bozza del documento - tutte le scuole statali superiori e medie dell’intero territorio nazionale saranno connesse con collegamenti in fibra ottica a 1 Gbps e la connettività sarà gratuita per 5 anni e sarà inclusa la manutenzione delle reti». Su questo fronte il governo ricorda che le risorse per il cosiddetto Piano banda ultralarga arriveranno a 400 milioni, rispetto ai precedenti 200, e sono stati previsti interventi per rafforzare la connettività delle scuole portando in più di 32.000 istituti la banda ultralarga. Senza giri di parole si osserva che, «a fronte dell’incertezza dettata dalla possibilità che l’emergenza sanitaria possa ripresentarsi, è compito del Governo continuare a garantire il rafforzamento della complessa struttura di interventi che ha garantito finora alla scuola la didattica a distanza, traslando le azioni adottate in emergenza in una solida politica di sistema, per tutti i gradi scolastici».

Inevitabile il discorso sul numero degli alunni in classe e allora nel Pnr si chiede di dare uno stop alle «classi pollaio» «per garantire stabilmente un migliore equilibrio tra le esigenze didattiche e di organizzazione del personale». Punto condiviso da più parti. Per Ornella Cuzzupi dell’Ugl «per ottenere una Scuola inclusiva, formativa e «sicura», per tutto il personale scolastico e gli studenti, occorre reimpostare il numero degli alunni per classe, circa 15/18, onde garantire la distanza fisica e il rispetto delle norme di contrasto alla diffusione di pandemie». Sulla stessa linea l’Anief, che sollecita a «tornare a delle scuole a misura d’uomo, creando classi con al massimo 15 alunni e assumendo 200 mila docenti e Ata nuovi». Sulla ricerca degli spazi ideali in era Covid era inevitabile l’intervento dei maghi del software. Tuttoscuola, ad esempio, ha elaborato una formula per calcolare la capienza massima dell’aula per rispettare il distanziamento. Per il calcolo si tiene conto, tra l’altro, della distanza di passaggio e della mobilità tra la cattedra e i banchi, l’area interpersonale da bocca a bocca e l’area occupata dallo spazio di mobilità interna all’aula tra i banchi.

Sui temi della sicurezza dice la sua anche la viceministra all’Istruzione Anna Ascani. «La tutela di studenti, docenti, dirigenti scolastici, personale Ata e di tutti coloro che, a vario titolo, hanno contatti con la scuola deve essere garantita attraverso la prevenzione e il controllo. Test sierologici sui lavoratori e molecolari sugli studenti». Critiche infine dall’opposizione, ma in questo caso sull'assetto complessivo della scuola: «Mancano meno di 2 mesi alla riapertura delle scuole - fa sapere la capogruppo di Forza Italia alla Camera Mariastella Gelmini - ma sono ancora tanti i punti interrogativi per famiglie, studenti e docenti. Il troppo superficiale Piano Scuola 2020/21 del Ministero dell’Istruzione non ha risolto i problemi in campo, ed anzi ha aumentato il caos e la confusione in merito a chi dovrà prendere le decisioni».

© RIPRODUZIONE RISERVATA