La Giornata Mondiale dell’Insegnante, il tema è “insegnare in libertà, diamogli maggior potere”

Si celebra l’anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, istituito dall’Unesco, nella quale l’educazione fu posta tra i diritti fondamentali. Quelli che oggi in Italia, dove opera quasi un milione di docenti, continuano ad essere non considerati: due docenti su tre hanno più di 50 anni, al di sotto dell’1% gli under 30, stipendi bassi rispetto alla media UE e lontani dall’inflazione, uno su cinque precario senza pari diritti con il collega di ruolo per ferie, permessi, carriera, pensioni a 67 anni. E ora col Covid-19 oltre al bornout si rischia la vita per garantire il diritto allo studio. Marcello Pacifico (Anief): Servono interventi urgenti e rinnovo del contratto per riconoscere quella dignità ormai persa. Basta fare un giro per le classi e chiedere quanti nostri studenti vorrebbero fare i professori per capirne l’eccellente necessità.

 

La Giornata va ricordata, perché commemora la sottoscrizione delle Raccomandazioni dell’UNESCO sullo status di insegnante, la struttura di riferimento per i diritti e le responsabilità dei docenti su scala mondiale, e serve a suscitare riflessioni sul ruolo dei professionisti della formazione, sulle sfide che affrontano, sulle difficili condizioni di lavoro a cui sono spesso sottoposti. A partire dalla mancata stabilizzazione, se si pensa che in Italia dopo la Legge 107/15 che doveva abbattere la supplentite, i contratti annuali sono cresciuti di oltre 50 mila unità. In occasione della Giornata, domani 5 ottobre l’Associazione Culturale “Network Arene di Roma” organizzerà alcuni eventi nell’ambito del “Roma Intercultural Festival”, nei quali verranno coinvolti docenti, scuole, rappresentanti della comunità, istituzioni e associazioni del territorio.

 

Per Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “la crescita di responsabilità degli insegnanti è un dato oggettivo, che ha toccato l’apice sia nel corso del lockdown dovuto al Covid19, sia in occasione del ritorno alla didattica in presenza: i docenti, come sempre, hanno preso di petto la sfida, realizzando una didattica mai attuata, quella a distanza, ed organizzandosi al meglio per proporre l’offerta formativa in presenza, anche nei giorni di nuovo innalzamento del numero di contagiati e di tamponi effettuati. Il docente, del resto, è abituato a lottare: lo fa agli inizi, con le supplenze che in certi casi si protraggono fino alla pensione, vedendosi preclusa la strada della stabilizzazione dopo avere superato i 36 mesi di supplenza, così come avviene nel privato nel rispetto delle regole indicate dalla Commissione UE, tentando concorsi a volte impossibili e illegittimamente preclusi, rammaricandosi per le mancate forme di carriera e per dei compensi nemmeno paragonabili con quelli di diversi Paesi del Centro-Nord Europa. Docenti che anche in piena emergenza da coronavirus continuano ad entrare in classi con anche 30 e più alunni, mettendo a serio repentaglio il rispetto del distanziamento imposto dagli organi sanitari competenti, mettendo così a rischio la propria salute, che in due casi su tre andrebbe invece salvaguardata perché è quella di un individuo over 55 anni e pure ‘fragile’. E che dire del mancato libero spostamento annuale dei precari e del personale di ruolo, alla base del flop della ‘call veloce’ e delle assunzioni a tempo indeterminato che ha lasciato scoperti oltre 60 mila posti?”.