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TRIESTE. Rieccoci a fare lezione a distanza. La campanella oggi suona solo virtualmente. Ognuno a casa propria con il suo computer, ci connettiamo alla Rete per riconnetterci tra di noi, insegnanti e studenti. Prima era la DAD (didattica a distanza), ora i documenti ministeriali parlano di DDI (didattica digitale integrata).

A Viale Trastevere ci dev'essere qualcuno che si diverte a coniare sempre nuovi acronimi, che cambiano di anno in anno, quando non (come in questo caso) di mese in mese: il POF (piano dell'offerta formativa) è diventato PTOF (piano triennale dell'offerta formativa); gli IDEI (interventi didattici ed educativi integrativi), vale a dire i corsi di recupero, si sono ora biforcati nei PAI (piani di apprendimento individualizzato) e nei PIA (piani di integrazione degli apprendimenti). Noi insegnanti ci abbiamo fatta l'abitudine, e sorridiamo al comparire di ogni nuova sigla che va ad affollare la già spessa burocrazia scolastica.

Ma in sostanza la didattica a distanza non è cambiata per il fatto che si è deciso di cambiare il suo nome. La nuova dicitura elimina il concetto di "distanza": forse per affermare che si può essere collegati anche se fisicamente separati. Annullare le distanze, insomma, dipende da noi.

Certo, rispetto agli esordi sperimentali della scorsa primavera siamo tutti più organizzati e attrezzati. Allora tutto si è svolto su base pressoché volontaria, perché non c'erano norme che obbligavano i docenti a fare lezione quando la scuola era chiusa. Per questo non è mancato, tra i colleghi, chi si è sottratto a un obbligo che non era contrattuale, ma morale: pochi, per la verità, giacché la netta maggioranza si è subito rimboccata le maniche. Ora invece si sta definendo un contratto integrativo ad hoc, la cui bozza di accordo, proposta dal Ministero, ha però già spaccato il fronte sindacale: da una parte Cisl e Anief (che hanno firmato), dall'altra Flc Cgil, Uil, Snals e Gilda (che per ora si sono dichiarati contrari).

È bene, comunque, che la scuola sia cominciata in presenza, perché in questi primi due mesi ci si è ritrovati, si sono rinsaldati i rapporti. Questo è stato importante soprattutto per le prime classi, i cui alunni non si conoscevano tra loro. Ora siamo pronti per questa nuova fase, purtroppo necessaria.

C'è anche chi fa leva sulle risorse del "pensiero positivo". È Marco, un mio studente di seconda: «Professore, vede che bello? Facendo lezione così, non dobbiamo indossare la mascherina!».

18. - continua

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